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Peter Szondi. La storia, le forme, l'unità della parola

Peter Szondi. La storia, le forme, l'unità della parola

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Un'ampia scelta dalle lettere di Peter Szondi è stata pubblicata nel '93 a Francoforte per Suhrkamp, curatori Christoph König e Thomas Sparr. Dedicato a Szondi, l'anno seguente, in primavera si è tenuto un incontro di studi, nell'Aula delle mura greche dell'Istituto Universitario Orientale. Le due occasioni sono all'origine di questo libro. I saggi di Eberhard Lämmert, di Gert Mattenklott, di Christoph König e di Thomas Sparr, provocati in qualche modo dalla pubblicazione francofortese, sono qui raccolti insieme con gli interventi degli studiosi italiani che hanno preso parte alle giornate di studio napoletane.

Lo ha reso possibile Elena Agazzi, germanista, che prima in Italia, e in Europa, a Szondi ha dedicato una monografia.
In Germania la pubblicazione delle lettere ha offerto l'occasione per un ripensamento complessivo dell'opera di Szondi e ha anche fornito materiali di riflessione sulla situazione degli intellettuali nei tardi anni '60. Dall'intreccio di questi motivi con momenti della vicenda personale dello studioso risulta il profilo a più voci che qui Lämmert e Mattenklott, König e Sparr disegnano di Szondi. Il tratto che concisamente lo compone si trova in apertura del libro, nelle parole di Karl Pestalozzi riportate da Lämmert. Riserbo, Diskretion è la parola che di Szondi commette la vita e l'opera. "Parlava volentieri degli altri e conosceva molte storie, ma di se stesso non rivelava mai nulla. Non si veniva a sapere certamente da lui che a quindici anni era stato in campo di concentramento, dal quale si era salvato per il rotto della cuffia. La discrezione con la quale proteggeva la sua vita privata dipendeva senz'altro dal fatto che rifiutava di intendere la sua persona come qualcosa di separato dalla sua attività scientifica".
Precedeva di poco l'incontro di Napoli la ristampa per Einaudi della Introduzione alla ermeneutica letteraria presentata, come la prima, da Giorgio Cusatelli. Altre traduzioni da Szondi sono seguite. Nel '95 Antico e moderno nell'era di Goethe, con introduzione di Remo Bodei promosso dall'Istituto italiano per gli studi filosofici, per Guerini e Associati; recentissimo per Einaudi il Saggio sul tragico, introdotto da Sergio Givone. Sta a significare questa fortuna szondiana una ripresa d'interesse per la Teoria critica, della quale Szondi a Berlino rappresentò l'autorevole sponda filologica? La provoca una rinnovata attenzione alla attività scientifica, alla sua dimensione pubblica, alla organizzazione delle discipline? La vicenda accademica di Szondi offre eccellenti motivi di riflessione. Per Giorgio Cusatelli, che dapprima con Cesare Cases lo ha fatto conoscere in Italia, è uno sconfortante eclettismo a far da sfondo a questo secondo tempo della fortuna italiana di Szondi.
Nel suo intervento Cusatelli indica il nucleo ora utilizzabile di Szondi in quella più libera relazione con le opere e con temi non soltanto tedeschi inaugurata con il saggio su Diderot, e insieme nella richiesta di rivalutazione del nucleo sociologico presente nella sua lezione. L'indice storico che un'opera reca non si lascia cogliere ponendo la storia nelle opere, ma cercando la storia in esse, questa cognizione già metteva Szondi al riparo da una sociologia dogmatica, e dava una inflessione caratteristicamente conoscitiva alla sua ermeneutica. Le distinzioni di Cusatelli, che non manca di segnalare tratti monumentali nell'opera di Szondi mirano a promuovere e raccomandano forme d'attenzione nell'esercizio critico, una rinascita morale, capace di rompere la soffocante cappa della estetologia nostrana: in Szondi, nell'intellettuale e nella sua opera, si troveranno argomenti per premunirsene.
Se e come queste indicazioni siano già all'opera nei contributi italiani qui raccolti, chi legge potrà giudicare. Essi sono orientati su temi e motivi particolari della materia szondiana. Non ultimo Hölderlin. E i materiali dell'Antigone di Hölderlin, alla sua prima esecuzione in Italia, "mise en oeuvre" da Lenz Teatro, alla Galleria Toledo, la sera fra le due giornate di studio, chiudono la sezione degli italiani. Per dare da ultimo la parola a Szondi, negli ampi passaggi dalle lettere riportati da Lämmert e König.
Non poté essere ospite dell'incontro, come avremmo voluto Giancarlo Mazzacurati. Lo ricorderò qui per un aspetto. Nel fondare presso la Freie Universität berlinese l'Institut für Allgemeine und Vergleichende Literaturwissenschaft, Szondi si riprometteva un superamento delle filologie distinte su basi nazionali, a favore di un'attività di ricerca e di apprendimento riferita alle diverse culture europee messe a confronto fra loro. Una novità negli studi comparatistici. Ciò cui Szondi mirava, è lezione esemplare nei lavori che Giancarlo Mazzacurati ci ha lasciato.
Come un buon auspicio per gli orientamenti comparatistici presenti nella Facoltà di Lettere dell'Orientale, Mario Agrimi salutò i lavori napoletani su Szondi. A lui va il grazie per avere incoraggiato e reso possibile quell'incontro e questo volume. A lui, e ai colleghi del Dipartimento di filosofia e politica, per questa impresa che non è più mia che di Giulio Raio, il quale in Szondi ha trovato un prezioso punto di riferimento per i suoi studi sull'ermeneutica e la simbolica, oltre che di Elena Agazzi. E ancora grazie a chi poco o punto pagato ha dato la sua collaborazione: Michela Lo Presti per le traduzioni, Adriana Macaro per l'organizzazione del convegno, Eugenia Gagno per l'indice dei nomi e il controllo delle bozze. A Raffaella Marzano e Sergio Iagulli, infine, che con Szondi aprono la Multimedia Edizioni alla saggistica.

Giovanni La Guardia

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