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04/04/2011

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Mimoza Ahmeti Albania albanese Nata a Kruja, in Albania, nel 1963, Mimoza Ahmeti è una delle “enfants terribles” che negli anni ’90 hanno allargato i propri orizzonti e quelli della poesia albanese. Cercando di trainare, in modo molto personale, il proprio paese nella difficile strada verso l’Europa, Mimoza è riuscita, negli ultimi anni, a provocare una riflessione che prova a condurre una società albanese, sempre più impoverita e affaticata, verso nuovi e più sinceri valori umani. Dopo la pubblicazione di due volumi di versi negli anni ’80, sono stati le 53 poesie della raccolta "Delirium" del 1994 che hanno visto la sua piena affermazione. Negli ultimi anni Mimoza Ahmeti si dedica anche al canto e ha realizzato due cd a suo nome. In Italia ha pubblicato due volumi "Il mio grido" (1993) e "Persone belle" (1997), ha vinto il primo premio al Festival di poesia di San Remo ed è presente in molte antologie. Pubblicata in molti paesi vive e lavora a Tirana.
Ha partecipato all'edizione del 2005 di "Napolipoesia nel Parco".
Mimoza Ahmeti più che poetare urla, strazia e sgola le viscere in versi continui di tragicità dove le ombre sono distanti quanto il passo stesso del poeta. Non vi è riguardo per null’altro se non per la propria condizione di attesa di una fine. Nella sua poesia immagine forte è la donna, un corpo fertile che invece di gioire per la vita, ne soffre. L’inganno per una donna è forse dare la vita? Essere gravidi per lei diventa un pianto interminabile che rinnega il suo stato. E’ l’amore che la anima però, questo amore-tutto, questo amore-odio frantumato nei giorni, tra gli occhi delle folle che osservano, che scrutano, che inseguono e lasciano dolore perchè l’occhio indiscreto può solo logorare e dividere. L’amato quindi disperde e restituisce le forze con le sue attese e le sue presenze.
Un elemento importante è anche il ritorno alla terra che “una volta trovata mai non è stata più dimenticata”: il poeta appartiene alla sua terra come la terra appartiene a lei nel ricordo, nel passato e nel presente, come un timbro che più non si può togliere e dal quale non si può più svincolare.
Anila Resuli