Sywor Kamanda Kama Congo / Lussemburgo francese Kama Sywor KAMANDA è nato a Luebo, nella Repubblica Democratica del Congo, l'11 novembre 1952, da una famiglia di origini Bantu-Egiziane.
Dopo la pubblicazione della sua prima raccolta di racconti all'età di 15 anni, Kamanda ha studiato letteratura, giornalismo, scienze politiche, filosofia e legge, e ha lavorato in ambito giornalistico. Nel 1970 ha partecipato alla creazione dell'Unione degli Scrittori Congolesi(Union des écrivains congolais). Costretto a lasciare il Congo nel 1977 a causa della sua attività politica, Kamada ha vissuto in diversi paesi europei prima di stabilirsi in Lussemburgo.
Nel 1985, Kamanda è stato presidente fondatore dell'Associazione Africana degli Scrittori, di cui L. S. Senghor era presidente onorario. Poeta, narratore e romanziere, Kamanda ha succesivamente prodotto un consistente numero di opere letterarie, tra cui una dozzina di antologie poetiche, diverse centinaia di racconti e numerosi romanzi.
Nel suo perpetuo status di esiliato, questo scrittore universale ha raggiunto la fama mondiale che lo ha portato a viaggiare continuamente per conferenze, reading e festival.
Le opere di Kamanda sono state tradotte in diverse lingue, tra cui inglese, giapponese, italiano e greco. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Paul Verlaine Prize dalla Académie française (1987), il Louise Labbé Prize (1990), il Black Africa Grand Prize per la letteratura (1991), e il Théophile Gauthier prize (1993) dalla Académie française. Nel 2005 il Consiglio Internazionale per gli Studi Francofoni (Conseil international d’études francophones) gli ha conferito il prestigioso Maurice-Cagnon Certificate of Honour, per il suo contributo unico alla letteratura francofona nel mondo.
Kamanda trova ispirazione nell'antico Egitto, il paese dei suoi antenati, enelle sue ricche tradizioni Bantu, la cui memoria viene onorata nei suoi scritti. I suoi racconti traggono il loro linguaggio simbolico dalle tradizioni africane, ma costituiscono un universo al limite tra la fantasia e la realtà vissuta dall'autore. I suoi numerosi libri di poesia sono incentrati sui temi della celebrazione dell'Africa e del dolore per l'esilio e la solitudne, il tutto in contrasto con uno sfondo di fervente celebrazione dell'amore.
Kama Sywor Kamanda è tra i poeti invitati agli Incontri internazionali di poesia di Sarajevo 2008.
Opere pubblicate
Racconti
Les Contes des veillées africaines, 1967, 1985
Les Contes du griot, t. I, Prefazione di Léopold Sedar Senghor, 1988
Les Contes du griot, t. II (La Nuit des griots), 1991, 1996
Les contes du griot, t.III (Les Contes des veillées africaines, edizione integrata), 1998
Les Contes du crépuscule, 2000
Contes (edizione ilustrata) 2003
Contes (Les œuvres complètes) 2004
Contes africains (Grund) 2006
Poesia
Chants de brumes. Prefazione di Jacques Iozard, 1986, 1997, 2002
Les Résignations. Prefazione di Mateja Matevski, 1986, 1997
Éclipse d’étoiles. Prefazione di Claude Michel Cluny, 1987, 1997
La Somme du néant. Prefazione di Pierrette Micheloud, 1989, 1999
L’Exil des songes. Prefazione di Marc Alyn, 1992
Les Myriades des temps vécus. Prefazione di Mario Luzi, 1992, 1999
Les Vents de l’épreuve. Prefazione di Salah Stétié, 1993, 1997
Quand dans l’âme les mers s’agitent. Prefazione di Jean-Baptiste Tati Loutard, 1994, 1998
L’Étreinte des mots. Prefazione di Maria Luisa Spaziani, 1995
Le Sang des solitudes, 2002
Œuvre poétique, 1999
Romanzi
Lointaines sont les rives du destin, 1994, 2000, 2007
La Traversée des mirages, 2006
La Joueuse de Kora, 2006
Saggi
Au-delà de Dieu, au-delà des chimères, 2007
Traduzioni
Inglese:
Wind Whispering Soul, 2001
Tales, 2001
Italiano:
Le miriadi di tempi vissuti,Meridiana, Firenze 2004, traduzione di Serenella Pirotta Stefinlongo
La stretta delle parole, 2004, traduzione di Serenella Pirotta Stefinlongo ;
Giapponese:
Les Contes du griot, t. I, 2000
Les Contes du griot, t. II, 2005
Cinese:
Les Contes du griot, t. I, 2003
Les Contes du griot, t. II, 2004
Premi internazionali
1987 – Premio Paul Verlaine dell’Académie française
1993 – Premio Théophile Gauthier dell’Académie française
1990 – Premio Louise Labé
1991 – Gran Premio letterario dell’Africa nera
1992 – Menzione speciale Poésiades, Institut académique, Parigi
1992 – « Jasmin d’argent » per l’originalità poetica, Società letteraria « Jasmin d’argent »
1993 – Premio Théophile Gauthier dell’Académie française
1999 – Premio Melina Mercuri, Associazione dei poeti e scrittori greci
2000 – Poeta del Millennio 2000, International Poets Academy, Inde
2000 – Cittadinanza d’onore Joal-Fadiouth, Senegal
2002 – Gran premio di poesia della Società internazionale degli scrittori greci
2005 – Top 100 writers 2005, International Biographical Centre, Cambridge
2005 – Professionista dell’anno 2005, International Biographical Centre, Cambridge
2005 – Uomo dell’anno 2005, American Biographical Institute
2005 – Certificato d’onore per contributo eccezionale alla francofonia, Certificat Maurice *Cagnon, Conseil international d’études francophones
2006 – Master Diploma for Specialty Honors in Writing, World Academy of Letters, Stati Uniti
2006 – International Peace Prize 2006, United Cultural Convention, Stati Uniti
Kama Sywor Kamanda
La stretta delle parole
Introduzione
Maria Luisa Spaziani
Il nome di Kama Sywor Kamanda mi giungeva di tanto in tanto, in Francia e anche in Italia, associato a un titolo di premio letterario. Un’etichetta, non una scoperta. E per pigrizia, o a causa dei molti libri e nomi che, oggi, ci assalgono da tutte le parti del mondo, ho perso parecchio tempo, ritardando così l’occasione di una preziosa amicizia che avrebbe potuto iniziare vent’anni prima. E, soprattutto, ho a lungo mancato l’incontro con la sua poesia.
Chissà se Baudelaire, guardando per la prima volta i quadri di Delacroix, ha avuto le stesse impressioni che ho avuto io leggendo le opere di Kamanda. Ci si abitua ai nostri contemporanei, agli artisti “delle nostre parti”, ai vicini “del nostro giardino”, e, con pochissime eccezioni, si ha la sensazione di trovare, anche nelle novità, proprio ciò che ci si aspettava. Fremiti, non lampi.
Sì, Delacroix. Il paragone non è forse dei più esatti, ma, leggendo Kamanda, sembra di toccare, anzi si tocca, la vita stessa con i suoi colori, i suoi movimenti, la sua musica misteriosa e sempre differente; direi persino il suo gusto, non il gusto nel senso estetico della parola, ma quello che si sente sulla lingua, amaro, dolce, acido, per esempio il gusto della madeleine. Nei suoi scenari nitidi, egli scava nel nostro passato fino allo strato profondo dell’inconoscibile e dove, per qualche paradosso, scopriamo l’elemento personale e unico, la voce che parla a noi soltanto e a nessun altro. In lui, il reale e il surreale si mescolano, la vita e la morte compongono una lunga treccia multicolore.
Cos’è l’Africa? Un continente? Uno stato d’animo? Un concetto spirituale? Potremo mai comprenderla, conoscere le sue verità? È impossibile, sì, ci ho provato con i romanzi di Tutuola, con i versi di Senghor. Ma se si ama il profumo di questo pianeta immenso, se si prova con appassionata pazienza a districare le voci già ricche della sua letteratura, fresca, accessibile e meno che centenaria, si può quasi immaginare per questo autore un comune denominatore, una radice profonda che non assomiglia affatto alla “radice profonda” degli scrittori europei né a quella dei latino-americani. Ed ecco che “il colore” non ne è l’elemento essenziale come si potrebbe pensare. Ci si chiede se Baudelaire abbia saputo amare Delacroix al di là dei suoi colori, dell’armonia dei corpi, dell’espressione dei volti. Sì, ha saputo coglierne profonda”, il messaggio subliminale.
Kamanda ci parla della speranza, della morte, ma anche della vita e soprattutto della sua fatalità, delle sue prove, con molta sincerità. Poesia sottile e delicata, finemente costruita, dagli accenti metafisici, che rendono emozionante la profondità della riflessione e l’evocazione dell’eternità. Vi si ritrova la sofferenza dello sradicamento, e una ricerca d’amore il cui pudore induce spesso il poeta al silenzio. Qui, la “stretta” è l’approfondimento del reale, le “parole”, simboli irrimediabili della presa di coscienza, dell’appropriazione del cosmo, delle norme e dei valori, quindi dell’elevazione dello spirito verso l’assoluto.
Sui due versanti della sua prosa, la fantasia romanzesca ci conduce alla scoperta dei miti e delle tradizioni del mondo negro-africano; ne Les Contes du griot, per contro, dove il mirabile, lo straordinario e persino il bizzarro forgiano un originale e potente immaginario, si trovano fiabe provenienti dalle sue qualità di creatore, e altre, di ispirazione tradizionale, udite durante le veglie serali della sua infanzia. Quanto alla sua poesia (dai Chants de Brumes, del 1986, fino a questa sua nuova raccolta La stretta delle parole), Kamanda intreccia la cultura occidentale e tradizionale che gli viene dal padre, dagli studi e dalla sua presenza in paesi di lingua francese, con la sensibilità magica e la fantasia della madre. Egli ci offre visioni di un paese quasi vergine che il suo “esilio” ha prematuramente interrotto. Unione feconda, lo si sa, che ci promette uno scenario allo stesso tempo realistico e visionario. Ci si è chiesti per Rimbaud e per il nostro grande Dino Campana se essi fossero dei visivi, dei visionari o dei veggenti. Problema critico, e non dei minori.
La stessa domanda potremmo porcela per Kamanda. In lui si trovano versi di sontuosa esteriorità, altri di profonda interiorità, introspezione la cui posta è la scoperta di una cosmogonia a misura del poeta. A questo livello, gli avvenimenti della nostra esistenza ci appaiono infinitamente piccoli, ma essi sono esistiti o ancora esistono (esisteranno) e dobbiamo cercarne e conservarne l’essenza. «Le rive della parola sono abissi», dice il poeta, ed egli non fa che calcolare le distanze verso l’alto e verso il basso; ci trascina in un viaggio simbolico, iniziatico, il cui tono e il cui linguaggio sono di grande portata, viaggio del quale la poesia dei nostri giorni ha enorme bisogno per soddisfare la propria sete e il proprio smarrimento. Da noi, in Occidente, esistono meravigliosi poeti, e anche grandi poeti (Bonnefoy, Mario Luzi); ma, oggi, è difficile trovare una poesia che canti in coro a nome di un’intera nazione, diciamo di una razza; una poesia che possa trasportarci tutti, compresi quelli per i quali il libro non è un attrezzo quotidiano. Sarà Kamanda questo genere di cantore? Egli ne ha tutti i mezzi, tutta la potenza.
Ho annotato a margine di questa raccolta alcuni versi da citare, ma come fare a scegliere? Kamanda stesso ha concentrato la sua definizione di un poeta; ci ha dato il suo emblema, il suo messaggio e il suo stemma di nobiltà in quattro parole: «O Parola, dono sacro!».
tratto da www.logospoetry.org