Nuova collaborazione Casa della poesia e il Fatto Quotidiano
04/04/2011

Un’altra biblioteca in rovine Poesie

Un’altra biblioteca in rovine Otra biblioteca en ruinas
Presi i libri in mano e dissi basta.
Amorosa placidità delle mie ore profonde
ma basta.
Dissi basta alla storia
della storia bucherellata di vuoti.

Oh, noiosa intemperanza!

Li presi con l’intagliata lancia
che mi ha sempre ferito.
Con il filo appuntito li presi.
Perché questo è il mio segno di mano insanguinata.

Presi i libri sovversivi.
Indecorosi per la pace.
Virulenti di ambizioni.
I libri senza stelle.
Senza enigmi vestiti
come monaci allineati nei loro abiti mortali.

Li presi in un sorso di veleno
e dissi basta
tappandomi il naso con le dita.
Tutto così infetto.
Così contaminato.

Basta dissi.
E seppi
vidi
nelle dune segrete della mia anima
un altro libro che si scrive
un’altra cosa noiosamente dura
che si sposta
e alza la polvere millenaria con le zampe.
Affiora lo scorpione dorato che sono
e lancia scintille di rame
in un cosmo di sabbia senza frontiere.
E si dondola gira e alza il suo elegante aculeo
dalla lustra nervatura.
Si sveglia.
Si prepara alla morte.
Così giro i libri fra le mani
prima di gettarli nel fuoco.
Cosa prometteva questo miserabile cammino di formiche?

Così li presi dalle tue labbra assetate
senza chiedere spiegazione.
Non erano miei.
Così li presi
come presi i baci
i bicchieri
le ossa disfatte
e la colazione ogni mattina
pensando che sarebbe stato per sempre.
Così li trituro e li scaglio
nei pozzi senza tempo.

Così girano lenti i giorni,
con pienezza rituale
di scorpione che si sveglia,
quando cadono le biblioteche
e rimaniamo in mezzo al deserto,
sotto il sole ardente
e la pianta dei piedi bruciata
per sempre.
Tomé los libros en la mano y dije basta.
Amorosa placidez de mis horas profundas
pero basta.
Dije basta a la historia
de la historia agujereada de vacíos.

Oh, pesada intemperancia!

Los tomé por la entallada lanza
que siempre me ha herido.
Por el filo agudo los tomé.
Porque ese es mi signo de mano ensangrentada.

Tomé los libros sediciosos.
Torpes para la paz.
Virulentos de ambiciones.
Los libros sin estrellas.
Sin enigmas van vestidos
como monjes alineados en su hábito mortal.

Los tomé en un sorbo de veneno
y dije basta
tapándome la nariz con los dedos.
Todo tan infecto.
Tan contaminado.


Basta dije.
Y supe
vi
en las dunas secretas de mi alma
otro libro que se escribe
otra cosa pesadamente dura
que se desplaza
y levanta el polvo milenario con sus patas.
Aflora el escorpión dorado que soy
lanzando destellos cobrizos
en un cosmos de arena sin fronteras.
Y se mece gira y alza su elegante aguijón
de pulida nervatura.
Despierta.
Se prepara a la muerte.

Así giro los libros en las manos
antes de echarlos a la hoguera.
¿Qué prometía este miserable camino de hormigas?

Así los tomé de tus labios sedientos
sin pedir significado.
No eran míos.
Así los tomé
como tomé los besos
los vasos
los huesos deshechos
y el desayuno cada mañana
pensando que sería para siempre.
Así los trituro y arrojo
a los pozos sin tiempo.

Así giran lentos los días,
con plenitud ceremonial
de escorpión despertando,
cuando caen las bibliotecas
y nos quedamos en medio del desierto,
bajo el sol ardiente
y la planta de los pies quemada
para siempre.
Carmen Mitidieri