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04/04/2011
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Visar Zhiti
(1952) è lo scrittore albanese la cui vita e opera meglio rispecchia la storia della sua nazione. È stato uno dei molti ad aver sofferto una persecuzione sconvolgente senza alcuna ragione apparente. Ma Visar Zhiti è sopravvissuto – dal punto di vista psicologico, intellettuale ed emotivo, ed ora è fra i poeti più popolari dell’odierna Albania.
Nato nel porto adriatico di Durazzo, figlio dell’attore teatrale e poeta Hekuran Zhiti (1911-1989), Visar Zhiti è cresciuto a Lushnja dove ha terminato la scuola nel 1970. Dopo gli studi in un college di formazione per l’insegnamento a Shkodra, intraprese la carriera scolastica nella città montana del nord di Kukës. Zhiti mostrò un precoce interesse per i versi e pubblicò qualche poesia in alcuni periodici letterari. Nel 1973, stava preparando per la pubblicazione la raccolta "Rapsodia e jetës së trëndafilave" (Rapsodia della vita delle rose) quando a Tirana scoppiò la cosiddetta Purga dei Liberali duante la Quarta Sessione Plenaria del Partito Comunista. Zhiti, il cui padre aveva avuto in precedenza alcuni conflitti con le autorità, fu uno dei molti capri espiatori selezionati per incutere terrore alla comunità intellettuale. Il manoscritto della raccolta di versi che aveva sottoposto agli editori della Naim Frashëri fu considerato colpevole di gravi errori ideologici e fu interpretato come ingiurioso per la realtà socialista. I suoi lavori furono denunciati come agitazioni e propaganda anti-comunista, e non ci fu nulla che il poeta poté dire durante i suoi interrogatori per provare la sua innocenza. A nessuno dei suoi colleghi scrittori sembrò opportuno o ebbe il coraggio di aiutarlo. Anzi nell’ottobre del 1979 alcuni di loro prepararono un rapporto insidioso che condannava il suo lavoro di poeta, senza dubbio per salvarsi la pelle. Fu questo “parere degli esperti” che portò direttamente alla caduta e susseguenti pene di Zhiti.
Dopo anni di incertezza sotto la spada di Damocle del Partito, Visar Zhiti fu arrestato l’8 novembre 1979 a Kukës dove ancora insegnava, e trascorse i mesi seguenti isolato al confino. Per non impazzire, compose e memorizzò più di cento poesie. Condannato, in un finto processo a tredici anni di prigione nell’aprile del 1980, fu portato nella prigione di Tirana e, da lì, fu trasferito nelle montagne del nord del paese per fare il giro degli infami campi di concentramento simili ai Gulag sovietici, fra cui, l’inferno delle miniere di rame di Spac e la prigione sul ghiacciaio di Qafë-Bari. Molti dei suoi compagni prigionieri morirono di maltrattamenti e malnutrizione, o impazzirono. Visar Zhiti fu rilasciato il 23 gennaio 1987 e fu autorizzato dal Partito a lavorare in una fabbrica di mattoni nella sua native Lushnja, dove mantenne un profile basso fino alla fine della dittatura.
Nell’autunno del 1991, quando l’Albania era in pieno caos, Visar Zhiti riuscì a trasferirsi e lavorò a Milano fino al luglio del 1992. Nel 1993 rimase in Germania per diversi mesi grazie ad una borsa di studi offerta dalla Heinrich Böll Foundation, e nel 1994 andò negli Stati Uniti. Al suo ritorno in Albania lavorò come giornalista e fu nominato direttore della casa editrice Naim Frashëri, che a suo tempo lo aveva abbandonato al suo destino. In seguito fu impiegato dai servizi amministrativi del nuovo parlamento albanese, nella costruzione del precedente Comitato Centrale del Partito Comunista dove, il fato volle, condivise un ufficio con uno degli scrittori che molti anni prima lo avevano denunciato.
Nel 1996, Visar Zhiti fu eletto membro del parlamento ma, scosso dalle fosche realtà dei partiti politici albanesi, ben presto si ritirò dalla vita politica. Nel 1997, entrò nei servizi esteri albanesi e fu nominato attacché culturale all’Ambasciata di Albania a Roma, dove visse e lavorò fino al 1999. Questa nomina gli diede l’opportunità di rifarsi del tempo perduto, di dedicarsi alla scrittura e di perseguire gli obiettivi che non avrebbe osato sognare una decina di anni prima.
Il primo volume di versi di Visar Zhiti "Kujtesa e ajrit" (La memoria dell’aria) fu pubblicato a Tirana nel 1993. contiene alcune delle cosiddette poesie della prigionia e versi ispirati dai suoi primi viaggi fuori dalla ‘grande prigione’ che era l’Albania. La seconda raccolta, "Hedh një kafkë te këmbët tuaja" (Lancio un teschio ai tuoi piedi), pubblicata a Tirana nel 1994, comprende il ciclo completo delle 110 poesie composte tra il 1979 e il 1987, miracolosamente sopravvissute nei recessi della memoria del poeta. Entrambi i volumi furono ben accolti in Albania e dai lettori di lingua Albanese della ex Yugoslavia. Qualcuno aveva finalmente dato voce alle centinaia di intellettuali ridotti al silenzio e distrutti.
Fra le seguenti raccolte: "Mbjellja e vetëtimave" (Lampo di semina), pubblicato a Skopje nel 1994; "Dyert e gjalla" (Le porte viventi), pubblicato a Tirana nel 1995; "Kohë e vrarë në sy" (Tempo ucciso nello sguardo), pubblicato a Prishtina nel 1997; e più recentemente, "Si shkohet në Kosovë" (Dov’è la strada per il Kossovo), stampato a Tirana nel 2000. l’ultimo volume rispecchia, fra l’altro, l’orrore del poeta per le sofferenze del Kossovo e la sua gente durante i dieci anni di oppressione e i due anni di guerra che portò all’intervento NATO e alla liberazione del 1999.
In Italia ha pubblicato tre raccolte di poesia: "Dalla parte dei venti" (D'Agostino, 1998), "Croce di carne" (Oxiana, 1997) e "Passeggiando all'indietro" (Oxiana, 1998), nella traduzione di Elio Miracco.
Oltre alla poesia, Visar Zhiti è autore di numerosi racconti che sono stati raccolti in volume con il titolo di "Këmba e Davidit" (La gamba di Davide), pubblicata a Tirana nel 1996, e "Valixhja e shqyer e përrallave" (La valigia lacera delle leggende), pubblicata a Prishtina nel 1997. ha pubblicato inoltre traduzioni in albanese di opere di Madre Teresa, Federico Garcia Lorca e di Mario Luzi.
Malgrado la penuria delle traduzioni letterarie dall’albanese, i versi di Visar Zhiti sono stati apprezzati all’estero e hanno ricevuto considerevoli riconoscimenti internazionali. Nel 1991 ha ricevuto il premio di poesia italiano "Leopardi d’oro" e nel 1997 il prestigioso premio “Ada Negri”. Negli ultimi anni ha partecipato a molti festival internazionali di poesia.
Ha partecipato nel 1997 a "Lo spirito dei luoghi" a Baronissi e nel 1998 a Verba Volant (Salerno).
Queste di "Croce di carne" son pagine di orrore. La più spietata e sistematica mortificazione dell'uomo sotto specie di nemico politico, le più assurde e le più grette persecuzioni in atto nelle carceri della dittatura di Ohxha sono, dal vivo, il tema, anzi sono addirittura l'elemento di queste poesie di Visar Zhiti.
C'è forse, ma non la ricordo, e soprattutto non la ricordo così fresca e immediata, un'opera scritta in presa altrettanto diretta con il mondo che rivela ed attesta. In quelle prigioni Zhiti è stato tenuto per anni, esposto alle violenze e all'arbitrio. Giorno per giorno la composizione di versi da occultare o da tramandare oralmente trascriveva cronache minute o pensieri di ogni genere dei reclusi.
Ma queste sono anche pagine vittoriose di poesia. La vitalità del principio per cui viene pagato questo scotto inumano: la libertà sostiene i versi di Visar Zhiti anche quando sono occupati da tetri argomenti. Quella vitalità intrinsecamente sicura di sé entra non solo nell'umore e nel tono del combattente ma anche nello spirito e nella invenzione dell'artista.
I suoi liberi, ariosi, arditi estri hanno una felice somiglianza con la stagione cubofuturista e con la sua fertilità di metafore. Proprio in virtù di questa vena gli riesce facile e spontaneo ampliare l'orizzonte delle prime dure emozioni alla varietà del mondo intero. L'allegria della poesia, è il caso di dirlo, travolge il nero grumo della realtà obbrobriosa.
Rimane nuda in piena vista, la mostruosità di una tirannide. Si libera da quella morsa un vero, forte poeta.
Mario Luzi
da: Visar Zhiti: "Croce di carne", a cura di Elio Miracco, Oxiana Edizioni, Napoli, 1997.
Visar Zhiti è lo scrittore albanese la cui vita e la cui opera sono lo specchio migliore della storia della sua nazione… sopravvisse intellettualmente e emozionalmente nelle carceri della dittatura ed è uno dei poeti più noti nell’odierna Albania.
Robert Elsie
, critico letterario, albanologo, traduttore canadese
Sono stato lieto per la tua nobile saggezza, sono stato ancora più lieto per il fatto che l’albanese è capace di una tale saggezza. Molto buio, molta disperazione e a volte molta asprezza giungono dall’Albania.
Ismail Kadarè
Visar Zhiti tocca l’inferno, sente il suo peso devastante ... non rinuncia all’amore per l’ uomo che resta il suo ideale.
Luan Topçiu
"Psal", Romania
Visar Zhiti è veramente uno dei questi rari e dotati poeti. Egli rimane aperto alle possibilità, non teme di esplorare il suo proprio spazio interiore… le sue poesie riflettono la realtà, ma anche la trasformano e trascendono. Le loro immagini sono manipolate e contorte in miriade strana e inattesa, sebbene famiiarmente forgiate nelle forme.
Janice Mathie-Heck
“The condemned apple”, Stati Uniti
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