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04/04/2011

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Ciril Zlobec Slovenia sloveno Ciril Zlobec, poeta, romanziere, saggista, antologista, traduttore, redattore, accademico, è nato il 4 luglio 1925 a Ponikve (Carso triestino, dalla parte slovena), nono e ultimo figlio di una famiglia contadina. La scuola elementare (italiana) frequentò nel vicino paese, le prime classi ginnasiali nel seminario minore, prima a Gorizia, poi a Capodistria. Nel 1941 fu espulso dal seminario “perché scriveva poesie in sloveno” (erano gli anni duri del fascismo) e, in conseguenza, “per assenza di spirito religioso”.
Gli anni successivi furono per Zlobec segnati dalla logica della guerra: a diciassette anni (sloveno “sospetto”) fu confinato in Abruzzo, nel settembre del ’43 ritornò in patria e prese parte attiva alla Resistenza slovena. Dopo la liberazione continuò gli studi a Ljubljana, si laureò nella lingua e letteratura slovena e russa, si sposò ed è padre di due figli. Per tre decenni lavorò nel giornalismo (prima da un quotidiano, poi alla Radio e TV), nel frattempo diresse due riviste letterarie (la prima per cinque, la seconda per trent’anni), ed era, tra l’altro, presidente degli scrittori jugoslavi, due volte deputato al Parlamento della Repubblica di Slovenia (organo collettivo), è membro di quattro Accademie delle scienze e delle arti: della slovena (Ljubljana, per due volte vicepresidente, ora membro della Presidenza), della croata (Zagabria), europea (Salisburgo) e della Mediterranea (Napoli).
Per meriti nel campo culturale e letterario Zlobec è stato più volte onorato con i massimi riconoscimenti nazionali sloveni, tra gli altri con la Medaglia d’oro per il lavoro (culturale) e con il Distintivo d’oro della libertà.
Ciril Zlobec è scomparso il 24 agosto 2018.

Ciril Zlobec ha preso parte a Napolipoesia (2001), Incontri internazionali di poesia di Sarajevo (2003), Sidaja. Incontri internazionali di poesia (Trieste, 2004).
Dalla prima raccolta di poesie, "Le poesie dei quattro", 1953 (con K.Kovic, J. Menart, T. Pavcek, quattro ristanpe, ormai un libro di culto nella lirica slovena), Zlobec ha pubblicato fino ad oggi, tra poesia, narrativa, saggistica, traduzioni, antologie, oltre 100 titoli. Ne elenchiamo solo alcuni "Amore" (poesia, 1958, Premio Prezih), "Gli anni virili della nostra infanzia" (1962, romanzo Premio Kajuh), "La nostra oasi" (poesia, 1964, Premio della Fondazione Preseren), "Poesia e politica" (saggi, 1975), "Carso" (poesie, 1976), "La voce" (poesie, 1980, Premio Preseren, il massimo premio nazionale sloveno), "La parola" (poesie, 1985), "L’identità slovena e lo scrittore" (saggi, 1986), "La mia breve eternità" (poesie, 1989), "È bello essere sloveno, ma non è facile" (saggi, 1992), "L’amore unico e duo" (poesie, 1993), "Quasi un inno" (poesie, 1995), "La scalinata verso te" (poesie, 1995), "Tu-io-noi due" (poesie, 1995, edizione in dieci lingue, anche in italiano), "Memoria come racconto" (romanzo autobiografico, 1999), "Solo questo giorno possiedo" (poesie, 2000, Premio Veronica e Premio del Festival internazionale di poesia di Zagabria 2000).
Premio Oton Zupancic per le traduzioni della poesia di Eugenio Montale e della poesia croata (1978).
Una ventina della opere di Zlobec è stata tradotta in varie lingue europee, quattro volumi di poesia in italiano: "Ritorni sul Carso" (Edizioni Panda, Noventa Padovana, 1982, Premio internazionale Città dello Stretto), "Vicinanze" (Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma, 1987), "La mia breve eternità" (Bulzoni Editore, Roma 1991), "Itinerario d’amore" (Fondazione Piazzolla, Roma 1997); oltre a ciò a curato due antologie per i lettori italiani: "Letteratura e arte figurativa nella Jugoslavia del dopoguerra" (Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma, 1962), "Nuova poesia jugoslava" (“Fenice”, Ugo Guanda, Parma 1966).
Zlobec ha dedicato una parte notevole della sua attività letteraria alle traduzioni, soprattutto di autori italiani: G. Leopardi (1956, 1971), D. Alighieri (Vita Nuova, 1956; Vita nuova e poesie giovanili, 1978), S. Quasimodo (1960, 1973), Lirica italiana contemporanea (Antologia, 1968), G. Carducci (1970, 1982), E. Montale (1975, 1976), G. Ungaretti (1980), G. Spagnoletti (1997), G. Mascioni (1999); dalla narrativa italiana: A. Moravia (La romana, 1957, Il disprezzo, 1964), C. Malaparte (La pelle, 1962), L. Sciascia (Il giorno della civetta, 1963), G. Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo, 1965).
Alcuni premi e riconoscimenti letterari e culturali italiani: Commendatore al merito della Repubblica d’Italia (1984), Premio internazionale Eugenio Montale (1984) e Premio internazionale Carlo Betocchi / Città di Piombino (1993) – ambedue per le traduzioni dalla letteratura italiana contemporanea, Riconoscimento “Insigne italianista” (Fondazione Campiello, 1991), Il sigillo d’argento della città di Trieste (1995) e il Premio speciale Giuseppe Acerbi per l’opera omnia (1998).
«Ora, se riuniamo i tre motivi sui cui ci siamo soffermati, – la lotta contadina, l’aspirazione cosmica, e il raggiungimento della parola – la verità inseguita dal poeta assume un tono di interezza, che davvero sorprende in un tempo come l’attuale mosso da preoccupazioni subdole alla menzogna, spacciata per senso comune. Occorre capovolgere il detto di un titolo di Manganelli: La letteratura come menzogna, per riconciliarsi con la poesia-verità. Non soltanto, in Zlobec, la parola restringe il vuoto a cui l’ha consegnata il dire comune, ma egli dà ad essa un compito infinito, quello di illuminare il nostro mondo interiore, cercando di fugare le tenebre che lo soffocano. Parola che si regola sul silenzio del nostro cuore: “Parola, tutta intera ti possiedo, / eppure non posso gridare”. Eccoci allora invitati al miracolo: la parola, che abita “fra il tutto e il nulla”, finisce per diventare la metafora totale dell’amore: conosce il senso donde partire e a cui giungere nel pieno affidarsi all’altro.»
Giacinto Spagnoletti