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04/04/2011

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Il Compianto dei mendicanti arabi della Casba e della piccola Yasmina uccisa dal padre” di Ismaël Aït Djafer
09/07/2013 Francesco Improta prodotti-Testata

Grazie ad un’iniziativa encomiabile della Casa Della Poesia di Baronissi e con l’efficace e puntuale traduzione di Gianluca Paciucci e di Dominique Gianviti, viene pubblicato per la prima volta in Italia Il Compianto dei mendicanti arabi della Casba e della piccola Yasmina uccisa dal padre di Ismaël Aït Djafer, poeta franco-algerino. Il compianto fu scritto all’in­domani di un terribile fatto di cronaca avvenuto ad Algeri nel 1949, allor­ché Yasmina, una bambina di appena 9 anni, venne spinta dal padre Ahmed Khouni due volte sotto le ruote di un camion finché non venne travolta ed uccisa. Il compianto fu pubblicato successivamente, nel 1954, a Parigi sulla rivista Temps Modernes, diretta da Jean Paul Sartre e nel 2004 negli Stati Uniti da Jack Hirschman che accostò Djafer a Neruda e a Ginsberg per il significato politico e la forza della denuncia insita nella sua opera. Il testo, pubblicato questo anno in Italia, è corredato da alcuni dise­gni, da una significativa documentazione, da una piccola rassegna stampa e da una bellissima prefazione di Gianluca Paciucci che fornisce tutta una serie di informazioni e di considerazioni volte a interpretare correttamente il testo e a lumeggiare la figura dell’autore, all’epoca appena ventenne. Il compianto, dedicato a chi non ha mai avuto fame, è un grido di dolore e di rabbia nei confronti del colonialismo tout-court e di quegli occidentali che per i loro gretti interessi hanno affamato intere popolazioni, lordandosi di sangue le mani. Non è un caso che il Compianto sia stato scritto in fran­cese, perché potesse giungere più facilmente a destinazione, alle orecchie di chi aveva determinato quella situazione di sottomissione e di sfrut­tamento, iniziata nel 1835 e durata più di un secolo. Eppure il valore del Compianto non è solo nella denuncia, che ha una sua indiscutibile forza, ma anche nella pasta sonora, musicale del testo, impreziosito da una ricca strumentazione retorica, da alcune filastrocche infantili, dai colori e dagli odori di cui sono intrisi i versi:

 

Bisogna vederli
Nei giorni di pioggia e di freddo
Pigiati attorno al magro calore dello sfiatatoio
Dei fornai
A succhiarsi la fame e il buon odore del pane che cuoce
Della farina che impastano
E della legna che crepita…
È lì che stanno!… silenziosi, gli occhi tondi
La bocca aperta

 

Nel Compianto si rilevano anche delle ingenuità, come è naturale nei versi di un giovane poeta, penso in particolare alla netta contrapposizione tra scene di vita dei ricchi borghesi che arano la mendicità col vomere dell’in­differenza e scene di non vita dei mendicanti della casba che contano i loro pidocchi. Contrapposizione troppo schematica, talvolta paradigmatica, ma ci sono pure immagini icastiche, di grande impatto emotivo, quando la collera e la rabbia si fanno dura stigmatizzazione, penso all’accusa di co­dardia mossa nei confronti del padre di Yasmina che invece di Forzare l’orrore / Forzare il crimine / Forzare l’Assurdo, confessando di aver commesso il crimine nel pieno possesso delle sue facoltà mentali aveva preferito l’ospedale psichiatrico, comprandosi la minestra degli accusati e il pane dei condannati con il sangue di sua figlia. Ed è proprio a Yasmina, come è giusto che sia, che Djafer si rivolge alla fine, quando il suo Com­pianto diventa epicedio, che non ha certo la tenerezza malinconica dell’e­picedio di Marziale per Erotion, e che conserva invece tutta la sua rabbia e il suo rancore:

 

Nel marmo della mia rabbia repressa
Lasciami graffiare
Senza sosta
Le lettere vuote del tuo epitaffio

“Dormi, dormi dormi in pace”

 

Francesco Improta