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04/04/2011

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Sarajlić, un poeta per risarcire i torti della storia
05/12/2001 Erri De Luca Il Mattino

EPISTOLARI DI GUERRA Mi è toccata la fortuna di consegnare un premio a un amico, il poeta Izet Sarajlić, con cui ho scambiato lettere e visite al tempo del ritorno della guerra in Europa, in Bosnia. Lui è rimasto nella città assediata dal primo all’ultimo degli oltre mille giorni, perché i poeti servono nel bisogno e le serate di poesia in Sarajevo erano gremite. Nato nel 1930 ha subìto due guerre. Un adorato fratello maggiore, Eso, è stato fucilato dalle camicie nere italiane durante l’occupazione nazifascita della Jugoslavia. Eppure Izet Sarajlić parla italiano, dice che l’ha imparato dai soldati che occupavano la sua patria. Ho imparato da lui l’urgenza di pronunciare spesso il verbo amare, non al passato né al futuro, ma all’indicativo presente: io amo. In tempo di odio è il più forte spirito di contraddizione delle ragioni della guerra. Ho potuto dirglielo la sera del 3 dicembre sulle tavole del palcoscenico del teatro Valle in Roma, dove riceveva il premio Moravia dedicato alla letteratura straniera, per il suo libro di poesie: "Qualcuno ha suonato". Insieme alla motivazione ho provato a immaginare come avrebbe speso i soldi del premio. Ecco il mio resoconto contabile: finiranno in fiori sulla terra di tua moglie Miki e delle tue sorelle Nina e Raza, finiranno in scarpe e in una giacca nuova per tuo nipote Vladimir, finiranno in una betulla da ripiantare al posto di quella tagliata e bruciata per riscaldamento durante il secondo inverno dell’assedio, la betulla che salvò molti libri dalla stufa, finiranno in qualche buona bottiglia da offrire agli amici che non hanno fatto nessuna carriera di dopoguerra, finiranno in giornali per seguire le guerre del mondo perché chi ne ha subìte due non l’augura ai peggiori nemici, finirà in sigarette e in un paio di occhiali nuovi e nel bastone che ti hanno sequestrato all’aeroporto di Zagabria per non farti dirottare l’aereo, finiranno in taxi per correre da qualcuno che ha improvvisamente bisogno di te, finiranno in francobolli perché noi scriviamo ancora le lettere, insomma finiranno in Sarajevo, nelle tasche dei tuoi concittadini che riconosceranno i soldi stranieri così come conoscono i tuoi versi e la tua faccia, e diranno che sono i poeti a risanare la bilancia dei pagamenti, dei torti e della storia.Erri De Luca