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04/04/2011

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Izet Saraijlic, colori e miracoli della poesia
26/10/2009 Renata Caragliano Repubblica

«L' AVVENIRE aveva mille nomi e solo l' ultimo era solitudine/ l' avvenire ormai imitava i tuoi gesti e la tua andatura». Le poesie di Izet Sarajlic hanno infinite cromie: leggendole, ora risalta un colore ora una sfumatura prima sopita. Ogni componimento è un piccolo miracolo lirico in cui sfumano amore, guerra, politica, esistenza. «Da qualche parte con incessante ferocia si riduce la distanza/ tra la poesia e il grido». Bosniaco, fondatore del "Gruppo 54", Sarajlic è il più tradotto poeta di tutti i tempi dalla lingua serbocroata. "Qualcuno ha suonato" è una raccolta di liriche che attraversa oltre mezzo secolo, dal 1948 al 2001, anno precedente la sua morte. Ora Multimedia edizioni, casa editrice di Baronissi, l' ha impreziosita, nella collana "Poesia come pane", con un cd in cui l' autore recita i suoi versi in lingua originale e un componimento, "Cambio d' indirizzo", in italiano: le registrazioni sono state effettuate nel corso di "Napolipoesia 2001" e di altre manifestazioni ad Amalfi, Salerno e nella stessa Baronissi. La voce restituisce una poetica umanista maturata nel Novecento delle sofferenze. Sullo sfondo le guerre. Il secondo conflitto mondiale che gli porta via il fratello ucciso dai fascisti; poi l' assedio di Sarajevo del 1992, la perdita della moglie e delle sorelle, per cui «siamo arrivati al punto/ di ricordare con nostalgia la seconda guerra mondiale». Lo sgomento generato dall' orrore racchiuso nei nove lapidari versi di "Agli amici della ex Jugoslavia": «Che cosa ci è successo tutt' a un tratto/ amici/ Non so/ cosa fate/ Cosa scrivete/ Con chi bevete/ Quali libri leggete/ Non so più neanche/ se siamo ancora amici». In rilievo la vita. I sentimenti e gli entusiasmi che affiorano anche sotto l' assedio dell' etàe delle armi, come in "Ultimo tango a Sarajevo": «Il novantaquattro, 8 marzo/ La Sarajevo degli amanti non si arrende/ Sul tavolo l' invito per il matinè di danza allo Sloga/ Naturalmente ci andiamo». E la fiducia, nell' amore e nella poesia: «Sopravviveremo a noi stessi, non solo nei tumuli dei nostri sepolcri/ perché sapevamo, sapevamo, teneri e superbi/ sfuggendo ai coltelli e alle granate uccidere gli angeli in noi/ e tuttavia restare angeli». Con la Campania Sarajlic aveva un legame profondo, che andava oltre l' amicizia con Alfonso Gatto ed Erri De Luca (sua l' introduzione del volume, traduzione a cura di Sinan Gudzevic e Raffaella Marzano) e la cittadinanza onoraria di Salerno. È stato presidente onorario di "Casa della poesia", il progetto che dal 1996 rappresenta un punto di riferimento per la produzione lirica nazionale e internazionale, sia attraverso le strutture di Baronissi, casa alloggio per poeti di tutto il mondo, biblioteca, mediateca, archivi, sia mediante l' organizzazione di laboratori, reading, festival. E proprio a Sarajlic sono dedicati gli "Incontri internazionali di poesia di Sarajevo", la cui ottava edizione si chiude domani. RENATA CARAGLIANO