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04/04/2011

tre-fiumi-e-un-continente-faruk-sehi Introduzione

Tre fiumi e un continente Faruk Šehić, grande talento della nuova letteratura bosniaca, è il poeta dei fiumi. Questa sua nuova intensa raccolta poetica nasce sotto il segno di Ungaretti, in epigrafe (“I fiumi”), e di una lettera di Hemingway a F. Scott Fitzgerald sullo scrivere come unico imperativo perché “solo nel canto è possibile far rivivere i morti”. Nella traduzione di Ginevra Pugliese.
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Tre fiumi e un continente 2022 979–12–80488–11–4 144 Poesia come pane Ginevra Pugliese Ginevra Pugliese
15,00 €
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“La Drina non è un fiume ma un memoriale fluido”.


Faruk Šehić è il poeta dei fiumi. Questa sua nuova intensa raccolta poetica nasce sotto il segno di Ungaretti, in epigrafe (“I fiumi”), e di una lettera di Hemingway a F. Scott Fitzgerald sullo scrivere come unico imperativo perché “solo nel canto è possibile far rivivere i morti”. Ogni ciclo di questa raccolta è dedicato a un fiume: Loira, Sprea, Drina, e si chiude con l’ultimo ciclo “Oltre il fiume”. Il soggetto lirico di Tre fiumi e un continente registra i moti dello spirito e le leggi del mondo con i suoi crimini, ingiustizie, disgrazie di cui l’Uomo è sempre responsabile. L’eco della sconfitta, dell’esperienza della guerra, permea l’intera raccolta. Le poesie di Šehić, legate soprattutto alla guerra in Bosnia, sorgono come una rivolta e necessità di testimoniare il male umano in generale, la storia del disonore della nostra civiltà del XX secolo. Di fronte all’orrore della guerra, alle sue macerie, all’impossibilità di poter cambiare le cose o di una vita normale nelle nuove “nazioni difettose e staterelli immaturi”, il soggetto lirico ha la necessità di “fuggire da Sarajevo”, di “autospedirsi” a Berlino o di andare a trovarsi là dove acque dolci e salate si mescolano, attenuando ciascuna la propria forza.
Incessantemente i pensieri scorrono, si rimescolano, si fondono in questi componimenti e ci trascinano come un torrente, un fiume.
Sono versi densi quelli di Šehić, in cui si pongono domande continue, inesauribili: cos’è la Bosnia, cos’è la patria, la guerra, la poesia, cos’è l’uomo davanti all’ “onnipotente e strabiliante natura”. In un approdo polemico all’antropocentrismo, nella poesia “Il giudizio universale delle formiche”, la sua risposta è semplice: “nasciamo come vermi, ci rintaniamo come topi di campagna / Così anche moriamo in modo inglorioso, istintivo / La guerra è biologia, catena alimentare, i più grandi mangiano i più piccoli / Se ti mangiano non ci sei più / E questa è tutta la verità”.