Con Sinan Gudzevic e Josip Osti si è aperta giovedì sera la rassegna di reading di poesia A base di versi, organizzata dall’Associazione Culturale Angoli Corsari di Reggio Calabria e La Casa della Poesia di Baronissi-Salerno nel ristorante L’Accademia sul lungomare di Lazzaro. Sarajevo Mon Amour è il titolo del reading che rende omaggio a una grande città che ha subito gravi ingiustizie soprattutto tra i civili durante il più lungo assedio della storia bellica moderna. Poeti di guerra, potremmo dire. Ma Gudzevic e Osti non scelgono solo di raccontare quest’orrore con testimonianze incomparabili a qualsivoglia resoconto storico. Vogliono soprattutto far continuare una grande tradizione letteraria e linguistica che rischia di scomparire. Così Gudzevic racconta la quotidianità della Roma odierna scrivendo in un genere poetico quasi del tutto scomparso, utilizzando una tradizione classica con sferzante ironia nei suoi Epigrammi Romani. I suoi pentametri ed esametri creano ipotesi di una logica apparentemente perfetta per giungere poi a conclusioni inaspettate che si prendono gioco del pensiero, soprattutto di quello matematico. Osti abbandona di nuovo la lingua bosniaca, con cui racconta la guerra, con un significativo distacco. In sloveno oggi il poeta bosniaco esprime il suo “realismo magico” in un’atmosfera lirica piena di disincanto, che trae la sua forza proprio da esso nel suo intenso e violento rapporto con la sua parte complementare, l’illusione. In Rosa Mystica si parla dell’amore quotidiano, nella vicinanza dei corpi e nella loro lontananza, nella trasformazione che li fa invecchiare, ma che fa rivivere la loro giovinezza nelle pieghe della pelle. «Una poesia deve avere il ritmo della vita», recita in una delle sue poesie, e questo ritmo è a volte quello dell’angoscia, dove la notte che decapita il sole fa prevalere il sangue all’oro del giorno. Il passato non si può dimenticare. All’interno del ristorante è stata allestita una piccola mostra fotografica con gli scatti sulle macerie di Sarajevo di Mario Boccia, fotografo e giornalista specializzato in reportage sociali e di attualità internazionale che per quindici anni ha lavorato negli scenari di guerra o di alta tensione sociale in tutto il mondo, in particolare come corrispondente e inviato de Il manifesto da Sarajevo, Belgrado, Pristina, Skopje Dyarbakir e Baghdad.