L’uomo era ancora giovane e indossava
un soprabito grigio molto fine.
Teneva la mano di un bambino
silenzioso e felice.
Il campo era la quiete e l’avventura,
c’erano il kamikaze,
il Nacka, l’apolide e Veleno.
Era la primavera del ’53,
l’inizio della mia memoria.
Luigi Cucchi
era l’immenso orgoglio del mio cuore,
ma forse lui non lo sapeva.