Torno dal campo di sangue
come animale ferito, senza
occhi innocenti con la colpa
e l’orrore che non hanno fiato,
né mani, né carezze, né voce.
Torno sospeso, senza senno,
non trovo luce, non spazi
se rido incuriosito e percorro
il corridoio intestino, cerco
un profilo che promette grano.
Perché nessuno chiede alle madri...!
Torno con la colpa che l’orrore
esistendo non può esser raccontato
e restano le madri lungo il tempo
con un lamento fisso di saluti,
loro non sapranno più dare parola
al buio, a ferite, a larghe cicatrici,
ma solo urlare come lupe offese
col teschio del figlio fra le mani.
Perché nessuno chiede alle madri...!
Il giorno privato alla fossa comune
c’è un’assenza di luce, nell’enigma
di questo consistere chiedendo fuoco
ai giorni, voce all’ombra che sa
quanto è offeso il corpo di donna,
quando furono insidiate la prima volta
e partirono cacciate a piedi col carretto,
quando la prima volta la vergogna
non fece rumore alla loro levità,
si dà infetta, si dà urlo, malata si dà
e un’altra vita non vorrebbe più
che le fosse data, mentale o carnale.
Perché nessuno chiede mai alle madri...!
Questo è l’angolo del tuo familiare godimento,
la storia scendi con sistemi di pianure
attraversando a fatica e distraendo il cuore.
Trecce di capelli spiano tutto il tempo
nella perdizione della tenerezza, scambiano
tessuti ricevendo moneta di lame taglienti.
Il tuo silenzio strappa se resta offeso,
pure diventa narratore di fulmini, tradisce
il sorriso che non s’accende e fa evidente
nell’ultima penetrazione un massacro
e il volto tuo stupefatto sarebbe ucciso,
perché nessuno chiede mai alle madri...!