Mio padre parlava come quei maghi che avevo visto
cavare sciarpe, bandiere, fazzoletti di seta,
dalla bocca: rosso, blù, verde...
i colori eran tanti che mi avrebbero soffocato.
Suo fratello maggiore aveva una balbuzie tremenda.
Papà concludeva le frasi con “ma...”.
Roba più grezza della seta: estraevano grammatica
Che gli s’era tutta aggrovigliata nella pancia.
Le loro esibizioni io mi sforzo di ripeterle.
Sono il pagliaccio mandato a svuotare la pista.
Le loro lingue di fuoco devo ingoiarle
per risputarle annodate, in un’unica miccia
che dà fuoco a lunghi silenzi, e risale indietro
fino a Adamo che inciampa nei nomi del Genesi,
e per quanto le mie corde vocali finiscano bruciate,
ci sarà un canto costante dalle fiamme.
da: Tony Harrison, In coda per Caronte, Einaudi, 2003.
My father speaking was like conjurers I’d seen
Pulling bright silk hankies, scarves, a flag
Up out of their innards, red, blue, green,
so many colours it would make me gag.
Dads eldest brother had a shocking stammer.
Dad punctuated sentence ends with but…
Coarser stuff tnah silk they haulled up grammar
Knotted together deep down in their gut.
Theirs are he acts I nerve myself to follow.
I’m the clown sent in to clear the ring.
Theirs are the tongues of fire I’m forced to swallow
then bring back knotted, one continuous string
igniting long-pen silences, and going back
to Adam fumbling with Creation’s names,
and though my vocal chords get scorched and black
there’ll be a constant singing from the flames.