Nella stanza
solo il ciondolo attaccato alle chiavi nella serratura
con il rumore di una forca si dondola.
Sulla punta
la testa di un clown
con le labbra rosse
rattrappito ci ride.
Il fuoco come una locomotiva sbuffante
ci porta al di fuori di noi stessi,
al di fuori delle nostre ossa che le une alle altre
nei sudati abbracci d’amore
si attaccano.
Pronunci la parola fuoco.
In questa vedo la fiamma
che ti accende la bocca, i denti e il viso scortica,
lambisce le guance con lingue rosse.
Mentre ti avvicini a me,
gli odori del tuo corpo spandono la stanza
nei quattro angoli del mondo.
Al mio sguardo la tua pelle inizia
a sfrigolare;
il suono del tuo sorriso,
sulle mie rosse labbra si sbuccia.
Il tuo sguardo,
che tocca le cime dei miei capelli
sbalza dall’occhio;
il seno gonfio
si sparge sul tuo corpo
come
un divino occhio rosa spaccato;
il nero pertugio tra le gambe mi
sussurra la ninnananna
dell’infanzia.
Nel distacco
verso di me
ti allarghi,
mi abbracci,
baci
e la granata
cade da qualche parte vicino a noi.
Dal silenzio,
fino a noi giunge il suono della campana della chiesa.
In questo vedo noi come angeli,
all’angolo di sinistra della chiesa,
carpiti in colori senza corpo,
mentre con gli occhi aperti,
sul muro umido
da tempo aspettiamo la morte.
Ti dico:
- Dobbiamo fare l’amore,
Perché il tempo scade.
Adesso da qualche parte
i combattenti caduti
stecchiti giacciono nelle proprie trincee.
Pieni di conservanti .
I vermi non entrano in loro.
Il viso non si disgiunge dal corpo.
Qualcuno più tardi proclamerà il soffio dei loro cadaveri
gloria nazionale.
E tu mi dici:
- Dobbiamo fare l’amore
perché già domani sul tavolo anatomico
sotto i ferri del chirurgo possiamo l’uno all’altro
sorridere.