Nuova collaborazione Casa della poesia e il Fatto Quotidiano
04/04/2011

Dedica Poesie

Dedica Dedica
Dedico questa poesia agli uomini che non sono mai stati a letto con me
ai figli che non ho avuto
alle poesie che nessuno ha scritto
Dedico questa poesia alle madri che non amarono i loro figli
Alle donne che sono morte in alberghi
senza nessuno che facesse loro compagnia
Ai poeti che vivono dimenticati in qualche antologia
Al poeta nella sua veglia funebre con la bocca chiusa per sempre
La dedico all’autore dei dipinti sui muri
Al torturato anonimo
A quello che non disse mai neanche il suo nome
Dedico questa poesia a quelli che gridano di dolore
e alle partorienti
La dedico ai suicidi
A chi lava i cadaveri
Alle donne che vanno a letto con tutti
A quelli che dormono sempre soli
Dedico questa poesia a quelli che non frequentano i caffè
o le piscine né sanno parlare a telefono
A quelli che non entrano in banca
né compaiono in televisione
A quelle delle scuole serali
che ricevono dichiarazioni d’amore con errori di ortografia
Ai poeti che non cominciano mai a scrivere
A quelle che non osano contraddire
né alzare la voce
A quelle che non possono essere felici senza il consenso del macho
A quelle che dormono con il grembiule addosso
e pensano alle cose da fare mentre i mariti vengono troppo in fretta
A quelle che essiccano la zucca sui tetti di lamiera
e non hanno una sedia
A quelli che ninnano i figli in tsotsil
e hanno le unghie sporche
Agli spazzini
A quelli che falciano i prati con i machetes
che seminano fichi d’India e mangiano tortilla con sale
Al metronotte che lavora anche di giorno
A quella con le pantofole rotte che rifà cento letti ogni mattina
Al vecchio senza denti che vende gomma americana sulla spiaggia
A quelli che viaggiano fermi verso la terra del cacao
A quelle che hanno la faccia bruciata
e la cicatrice del pianto nella loro sordità
A quella che da il seno al figlio nel canneto
A quelli che cercano l’arcobaleno nell’olio delle pozzanghere
A quella che sguazza nelle cascate e si bagna i capelli con acqua di gigli
Ai vogatori che inventano il canto con le braccia
A quelli che lavano il nixtamal sotto la pioggia
A quelle che trasportano l’acqua nei secchi
e camminano lungo la strada
Alla bimba che vede le lucciole
Alla bimba con la lanterna in mano
A ragazzini che saltano con le stoppie in fiamme
A quelli che corrono sul fuoco
sotterrano i loro morti in cucina
e cantano fra le macerie
A quelli che imbrogliano la loro morte nel letto dei moribondi
A quello che scende dalle colline per non bruciarsi con le stelle
A quello che afferra la mano della morte e balla con lei
A quelle che hanno molte nuore e portano iguane sulla testa
A quelli coi capelli ricci che vendono neve nella tierra caliente
Ai pescatori di gamberi che riescono a vedere la cometa dell’alba
A quello che si rimbocca le maniche e chiede un’ascia
A quella che vende tamales di bola, di mumu e chipilín
A quelli che tagliano pannocchie tenere per mangiarle crude
e legano la zampa del cane che ruba polli
A quelli che fanno le maracas
e uccidono per amore
A quelli che si gettano nella fossa in cui si seppellisce un amico.
Al poeta che non può scendere dal tetto perché è troppo innamorato
A chi fa quello che può
Dedico questa poesia all’uomo incatenato
Ai bambini colpiti
Ai figli degli alcolizzati
A quelle che accudiscono i bambini degli altri e vedono i propri ogni quindici giorni
A quella che lava i pavimenti della scuola e non sa scrivere il suo nome
A quelle che mangiano alla mensa dell’ospizio
Agli storpi che si rannicchiano vicino al forno in qualche panetteria
A quelli che lavorano nei bagni pubblici
e sbarrano le strade all’alba
A quelle che ballano nei cabaret
e sono stufe
Dedico questa poesia all’impastatore di mattoni che muore nella casa che costruì per altri
A quelli che fuggirono di notte quando il vulcano seppellì la loro chiesa
Ai vicini che sotterrarono i loro figli
uno dopo l’altro come gli anni che passano
A quelli che hanno dovuto vendersi i figli
il sangue e il sesso
A quelli che non hanno niente da perdere
Dedico questa poesia ai contadini senzatetto che occupano le terre del padrone
A quelli che scavano tunnel sotto il dominio del denaro
A quelli che danno fuoco all’ingegno
A quelli che non lasciano ombra e senza luna fanno saltare i ponti
Ai tredicenni che vanno alla guerriglia
e per la prima volta conoscono una donna in montagna
Per i due feriti
Per Las Pelonas
All’opossum di Olga
Ai bastardi bastonati
Ai bambini che nascono in paesi in cui la verità è proibita per legge
A quelli che hanno adottato un altro nome
e da anni non salutano la famiglia
A quelli che non dormirono mai nello stesso letto
e condividono la fossa comune
Dedico questa poesia alla madre che cerca suo figlio nell’anfiteatro
fra altre poesie decapitate
A quella che non sa riconoscere quale cadavere è il suo
e si separa da ciascuno con un abbraccio
Dedico este poema a los hombres que nunca se acostaron conmigo
a los hijos que no tuve
a los poemas que nadie escribió
Dedico este poema a las madres que no amaron a sus hijos
A las que murieron en hoteles
sin que nadie les acompañara
A los poetas que viven olvidados en alguna antología
Al poeta en su velorio con la boca cerrada para siempre
Lo dedico al autor de las pintas en los muros
Al torturado anónimo
Al que nunca dijo ni su nombre
Dedico este poema a los que gritan de dolor
y también a las parturientas
Lo dedico a los suicidas
Al que lava cadáveres
A las mujeres que se acuestan con todos
A los que siempre duermen solos
Dedico este poema a los que no frecuentan cafés
ni piscinas ni saben hablar por teléfono
A los que no entran en los bancos
ni salen en la tele
A las de la primaria vespertina
que reciben declaraciones de amor con faltas de ortografía
A los poetas que nunca empiezan a escribir
A las que no se atreven a opinar
ni a levantar la voz
A las que no pueden estar felices sin el consentimiento del macho
A las que duermen con sus delantales puestos
y piensan en el quehacer mientras sus maridos eyaculan prematuramente
A las que tortean en jacales
y no tienen sillones
A los que arrullan a sus hijos en tsotsil
y traen mugre bajo las uñas
A los pepenadores
A los que chaporrean
siembran nopales y comen tortilla con sal
Al sereno que también trabaja de día
A la de la chancla rota que tiende cien camas cada mañana
Al viejo sin dientes que merca chicle en la playa
A los que viajan parados a la tierra del cacao
A las que traen las caras negras
y la cicatriz del llanto en su sordera
A la que da el pecho a su hijo en el cañaveral
A los que buscan el arco iris en el aceite de los charcos
A la que chapotea en las cascadas y se moja el pelo con agua de lirios A los remeros que inventan el canto con sus brazos
A los que lavan el nixtamal bajo la lluvia
A las que acarrean el agua en cántaros
y caminan por la carretera
A la niña viendo luciérnagas
A la niña con el candil en la mano
A los chamacos que saltan con el rastrojo en llamas
A los que corren sobre el fuego
entierran a sus muertos en la cocina
y cantan entre los escombros
Al que engaña a su muerte en la cama de los moribundos
Al que baja de los cerros para no quemarse con las estrellas
Al que agarra la mano de la muerte y baila con ella
A las que tienen muchas nueras y cargan iguanas en sus cabezas
A los colochos que venden nieve en tierra caliente
A los camaroneros divisando el cometa de madrugada
Al que arremanga su camisa y pide un hacha
A la que vende tamal de bola, de mumu y chipilín
A los que cortan elote tierno para comerlo crudo
y amarran la pata del perro que roba pollo
A los que hacen las maracas
y matan por amor
Al que se avienta al hoyo en el entierro de un amigo.
Al poeta que no puede bajar del techo por estar tan enamorado
Al que hace lo que puede
Dedico este poema al hombre encadenado
A los niños golpeados
A los hijos de alcohólicos
A las que cuidan a las criaturas de otros y ven a las suyas cada quincena
A la que trapea en el colegio y no sabe firmar su nombre
A las que comen en la mesa del hospicio
A los tullidos que se acurrucan junto al horno en alguna panadería
A los que atienden los baños públicos
y barren las calles al amanecer
A las que bailan en cabaretes
y están hartas
Dedico este poema al amasador de adobes que muere en la casa que construyó para otro
A los que se escaparon de noche cuando el volcán sepultó su iglesia
A los vecinos que ya enterraron a sus hijos
uno tras otro como los años que pasan
A los que han tenido que vender a sus hijos
su sangre y su sexo
A los que nada tienen que perder
Dedico este poema a los peones acasillados que invaden las tierra del patrón
A los que cavan túneles debajo del dinero
A los que prenden lumbre al ingenio
A los que no echan sombra y sin luna dinamitan los puentes
A los de trece años que se van a la guerrilla
y conocen mujer por primera vez en la montaña
Para los dos heridos
Para Las Pelonas
Al tacuazín de Olga
A los chuchos apaleados
A niños que nacen en países donde la verdad está prohibida por ley
A los que han adoptado otro nombre
y llevan años sin saludar a la familia
A los que nunca durmieron en la misma cama
y comparten la fosa común
Dedico este poema a la madre que busca a su hijo en el anfiteatro
entre otros poemas decapitados
A la que no puede decir cuál cadáver es el suyo
y se despide de cada uno con un abrazo
Raffaella Marzano