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04/04/2011

09/01/2005 A Sarajevo. Poeti per Izet Rassegna Stampa

A Sarajevo. Poeti per Izet
09/01/2005 Luciano Morandini Il Nuovo Friuli

In occasione delle Giornate internazionali di poesia la capitale bosniaca si trasforma in “luogo del mondo”. Un incontro nel nome di Izet Sarajlic, grande poeta dell’ex Jugoslavia Izet Sarajlic: un grande poeta, un uomo d’impareggiabile umanità. Sarajevo fu il luogo della sua vita, la città dalla quale partiva alla ricerca d’amici poeti in tutta Europa e la capitale nella quale li invitava a far risuonare la propria poesia, l’umana sostanza dalla quale era nata, finendo per inserire saldamente Sarajevo e la Bosnia Erzegovina - come ha scritto il sindaco Muhidin Hamamdzic - «nella mappa letteraria mondiale». All’insegna della fraternità, perché, come diceva Izet, «anche i versi sono contenti quando la gente si incontra». In questo clima di reciproca amicizia, il mio rapporto con Izet è durato dagli anni Settanta fino alla sua scomparsa, il 3 maggio 2002. Ho nella memoria ben impresse le “Giornate internazionali di poesia” a Sarajevo in quegli anni lontani. Giorni, serate, notti appassionanti. Per gli incontri, i temi trattati, gli stimoli che ne derivavano. Rientravo pieno di voglia di fare, con le idee più chiare e la convinzione di sempre, che dovunque in Europa e nel mondo la poesia apriva varchi ben diversi da quelli di altre parole, essendo parola che non si lascia imbrigliare da schemi, pur parlando di quanto parla, delle maggiori concretezze o di vertiginose evanescenze. Ed essa, varia per concezioni creative, inondava in quei giorni la capitale della Bosnia Erzegovina. La città si trasformava in prezioso luogo del mondo. Poi, negli anni Novanta, là, a Sarajevo, i disastri e gli orrori di una terribile guerra. Izet non abbandonò la sua città. Ne patì sconvolgimenti ideali, umani e profonde, drammatiche ferite. Collettive e personali. In quell’inferno perse due sorelle, Nina e Raza, «Sono morte/o a dire il vero sono state uccise dagli stenti//Devo cercare da qualche parte/una nuova sorella//Perché io non posso/non essere fratello». Rimase stretto alla moglie Ida Kalas, che amava teneramente come nel primo giorno, alla figlia Tamara e al nipotino Vladimir, l’isola umana nel cui perimetro ormai, resistendo, riversava tutto il suo amore d’uomo e poeta. Lo abbracciai per l’ultima volta il 28 gennaio 1997, a Trieste, nell’amabile casa del poeta argentino Octavio Prenz. Era con l’inseparabile Ida, che morirà, a causa delle lunghe sofferenze dell’assedio, un anno dopo. «Come avremmo potuto invecchiare magnificamente/tu ed io,/senza questa follia nazionalista slavomeridionale.//Ed invece/di tutta la nostra vita/sono rimasti solo/questi nostri tristi incontri d’amore al cimitero del Leone...». Dopo quattro anni, la morte di Izet, il poeta dell’ex Jugoslavia più tradotto nel mondo. E subito, per merito di Multimedia edizioni-Casa della poesia di Salerno, della quale Sarajlic fu presidente onorario, la nascita, in sua memoria, degli “Incontri internazionali di poesia” a Sarajevo. Con il sostegno istituzionale della città, del Ministero degli Affari esteri d’Italia, dell’Ambasciata d’Italia in Bosnia Erzegovina, della Regione Friuli Venezia Giulia, della Regione Campania, della Provincia di Salerno, del Comune di Pistoia, del Comune di Baronissi, del Comune di Tarcento, di Salerno Energia spa, dell’Ente provinciale per il turismo di Salerno, di Arci Nuova associazione di Roma e della Stock di Trieste. Oltre che di molte istituzioni culturali europee: spagnole, portoghesi, olandesi, svizzere o slovene, come lo Slovenski Center Pen e del Comitato di Sarajevo della Società Dante Alighieri, della Ftv-Radio e televisione della federazione Bosnia Erzegovina e altri. E in collaborazione con “Il cammino delle comete. Incontri internazionali di poesia” (Pistoia), “Sidaja. Incontri internazionali di poesia” (Trieste) e “Lo spirito dei luoghi. Incontri internazionali di poesia” (Baronissi). Sostegni tanto numerosi e fervidi che sottolineano quanto eccezionale fosse la dimensione umana e la tempra poetica di Sarajlic. Tali da lasciare un segno profondo e trascinatore. Tali da far affluire a Sarajevo, nell’occasione degli Incontri, pure una “carovana” italiana di appassionati “viaggiatori consapevoli”. Con i tempi che corrono, un’altra ragione di felice e tonificante stupore. Anche quest’anno a Sarajevo tre intense giornate: il 17, 18 e 19 ottobre. Il comunicato stampa della Casa della poesia informava così: «I partecipanti all’evento, amici, collaboratori, estimatori del grande poeta bosniaco, tutti appartenenti alla grande famiglia poetica di Casa della poesia, provengono da varie parti del mondo e incontreranno altri poeti bosniaci o della ex Jugoslavia. Tra i poeti invitati, alcuni dei più importanti protagonisti del circuito internazionale: María Victoria Atencia (Spagna), Judi Benson (Stati Uniti/Inghilterra), Roberto Carifi (Italia), Maria van Daalen (Olanda), Tony Harrison (Inghilterra), Jochen Kelter (Svizzera), Predrag Lucic (Croazia), Giancarlo Majorino (Italia), Luciano Morandini (Italia), Josip Osti (Bosnia/Slovenia), Juan Vicente Piqueras (Spagna), Janine Pommy Vega (Stati Uniti), Carter Revard (Stati Uniti), Ada Salas (Spagna), Faruk Sehic (Bosnia Erzegovina), Vojo Sindolic (Croazia), Giacomo Trinci (Italia), Marko Vesovic (Bosnia), Francisco José Viegas (Portogallo), Ante Zemljar (Croazia), Ciril Zlobec (Slovenia). Luogo degli incontri il Pozoriste Mladih, il Teatro dei giovani, nel cuore della città. Dalle sei di sera in poi. Con intensità. Prima delle letture poetiche seminari, incontri, video: “La poesia sotto assedio”, colloquio tra quattro poeti bosniaci moderati dal poeta e traduttore Sinan Gudzevic; “Le infinite vie della poesia”, incontro con Tony Harrison, moderatrice Raffaella Marzano; “Da una sponda all’altra dell’Adriatico: incroci di due culture”, confronto tra Cedo Kisic e Silvio Ferrari introdotti dall’addetto culturale dell’Ambasciata italiana Gianluca Paciucci. Tra i video, da ricordare la video-lettera “Izet Sarajlic. Sarajevo marzo/mart 1994” e il film Ftv “Un poeta e la sua città - Izet Sarajlic - Cerco una strada per il mio nome”, accanto all’omaggio a P.P.Pasolini rappresentato da “Che cosa sono le nuvole”. Poi, a volare nelle tre serate le parole della poesia. Temi, strutture, toni, musicalità, lingue diverse, accompagnati dai ritmi , sempre adeguati, personalizzati quasi, da un impareggiabile quartetto: pianoforte, batteria e percussioni, fiati e basso. Alle spalle dei poeti-lettori, su grande schermo, i versi nella lingua originale e la loro traduzione. Un’organizzazione del tutto suggestiva e perfetta, senza sbavature, realizzata con calda meticolosità dai responsabili della Casa della poesia Raffaella Marzano e Sergio Iagulli. E le mattinate, altrettanto suggestive. L’immersione tra strade, monumenti, bazar, tra minareti svettanti, vicoletti e bellezze di Sarajevo. E gli occhi attenti ai segni, ancora ai residui di ferite. Sulle strade selciate a pietra antica, sulle facciate degli edifici. Poi gli occhi turbati agli spiazzi verdi, fitti di cippi bianchi, fitti anche sulle colline che digradano a valle. Vasti cimiteri intorno e nel cuore straziato di una Sarajevo che vive le giornate della sua rinascita. E ancora l’incrociarsi nella memoria di remote, felici immagini. L’andare spedito di Izet nello splendore della sua città, l’eco delle sue parole d’amicizia, quasi provenire dal Cimitero del Leone. Da quel marmo scuro a specchio. «Tranne la morte/a me è già capitato tutto.//Posso visitare ancora qualche paese,/posso farmi ancora qualche amico,/posso (perché no?) guadagnare qualche medaglia d’onore/(sarebbe la prima della mia vita)/ma /tutto sommato/tranne la morte/a me è già capitato tutto». Ora su quel marmo lucido e scuro sta, fiore dai cento petali, un libro deposto dagli amici poeti: “Una calle para mi nombre”, l’ultima traduzione spagnola dei suoi versi. Contiene in chiusura una confessione: Neruda dice: «Confieso que he vivido// Yo confieso/que, a menudo, en los versos morìa» («Confesso che ho vissuto// Io confesso/che, spesso, nei versi morivo»).