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04/04/2011

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Adonis
ADONIS
Intervista di Flaviano Masella

Adonis: "Da noi c'è il silenzio, ma non è facile parlare, costa molto caro. In alcune società, parlando si rischia perfino la vita. Ma bisogna parlare e bisogna pagare. Anche in Occidente il silenzio ha nascosto molte violenze e le ha anche finanziate. Gli Stati Uniti hanno appoggiato l'aspetto violento nelle nostre società arabe, ora iniziano a criticare, o a negare, e fare la guerra contro queste violenze. Va bene, però non bisogna dimenticare che c'è stato del silenzio, non solo nella società araba ma c'è stato del silenzio anche in Occidente."

Invece di accettare la violenza la rifiutiamo e arriviamo anche ad accettare la violenza che viene esercitata nei confronti di chi non la pensa come noi. Riferendosi appunto al mondo arabo.
Non si può negare che ci sia della violenza nella società araba, ma la violenza fa parte della vita moderna nella sua interezza sia in Oriente che in Occidente, però bisogna sempre mettere l'accento sull'aspetto della violenza nel nostro paese perchè si tratta della mia società , della mia cultura e io ne sono responsabile in un modo o nell'altro. Io sono radicalmente contrario alla violenza in tutte le sue forme ed è necessario affermare che non esiste solo una violenza materiale degli eserciti, c'è anche una violenza del pensiero o della vita quotidiana, ma è necessario schierarsi contro la violenza in tutte le sue forme. Questo è ciò che vivo e ciò che descrivo sempre.

Rimane il problema della violenza che si scatena proprio con il pretesto di proteggere la religione.
Direi che il corpo è malvisto in tutte le religioni e soprattutto in quelle monoteiste. Se si fa un paragone storico tra l'Islam, l'ebraismo e il cristianesimo si può notare che nell'islam il corpo è stato più libero, relativamente, rispetto alle altre due religioni. Ma c'è una sorta di libertà del corpo che lo rende banale. Non bisogna permettere che il corpo si banalizzi, è necessario che il corpo sia libero nel senso che è l'essere umano a disporre del proprio corpo. Secondo me, se esiste qualcosa chiamata spirito, allora questo spirito è il corpo. Credo che fino ad ora il corpo non siaaffatto libero nel monoteismo e il problema è sempre lì. Bisogna combattere perché il corpo sia completamente libero o almeno per superare questa contraddizione nella religione monoteista. Se il corpo della donna è veramente sporco e impuro, come può generare un profeta? Il monoteismo quindi è ricco di contraddizioni che bisogna superare per la religione stessa.

Lei scrive che una delle una delle piu' gravi manifestazioni di violenza che pervade la vita delle popolazioni arabe e' che quasi mai viene fatta una distinzione tra la persona e le sue idee. Come combattere quindi il terrorismo?
Il terrorismo non è solo una bomba o un fucile, ma è una mentalità. Bisogna combattere questa mentalità e credo che sia possibile; se c'è libertà e democrazia si può combattere questa mentalità terroristica attraverso la cultura.
Richiederà del tempo, ma si può iniziare a combattere. Se si facessero degli studi sul fenomeno del terrorismo nel mondo arabo si scoprirebbe che si tratta di minoranze, di piccoli gruppo ben finanziati che non rappresentano assolutamente la società in generale.

Lei e' siriano, e' vissuto a Beirut, una delle citta' arabe piu' occidentali. La Siria si sta ritirando dal Libano dopo tanti anni, sta seguendo questi eventi? Cosa pensa di quanto sta accadendo in Medio Oriente?
In termini assoluti, non è possibile difendere nessun regime arabo. Assolutamente. Ma sono sempre stato contrario alla presenza della Siria in Libano e ho sempre chiesto, insieme a molti amici, che la Siria lasciasse il Libano. Ma secondo me il problema del Libano non è la presenza della Siria in Libano, anche se probabilmente i siriani hanno utilizzato i problemi del Libano a loro vantaggio, ma il problema libanese è nel Libano e una volta che i siriani saranno partiti, si manifesteranno anche i problemi e sarà necessario combattere per superarli o per uscire da questi problemi.

Secondo lei l'Unione Europea puo' essere di aiuto? Il mondo arabo come vede questa istituzione: l'Unione Europea?
Non credo che ci saranno risvolti essenziali. Probabilmente l'Unione Europea aiuterà il Libano finanziariamente, sul piano economico, ma sul piano culturale, umano o sul piano arabo non vedo come l'Unione Europea possa aiutare il mondo arabo. L'Unione Europea in se stessa è una buona idea e io dico sì a questa unione, ma bisogna aspettare, non si può valutare ora o dare dei giudizi. Non voglio esprimere a questo proposito un'idea affrettata perchè bisogna aspettare.

Che idea ha della morte. Dopo la vita per lei cosa c'e'?
Sono un uomo non credente, non credo nella religione, ma penso che la morte sia parte integrante della vita. Provi ad immaginare: se l'uomo non morisse, il mondo sarebbe assurdo. Ma in questo senso la morte è banale perchè è un fenomeno naturale e tutti muoiono. Per me il problema non è nella morte, ma è la vita. Il problema è la vita e non la morte.


da: RaiNews 24, 2005
La traduzione è di Maria Letizia Tesorini

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Adonis - Creatività e poesia. Un ponte fra due culture



"Ci sono cose che sono indefinibili, come l'amore e la poesia" - questa l'opinione del siriano Adonis, al secolo Ali Ahmad Sa'id Isbir, per la critica il massimo poeta arabofono vivente. Poeta, saggista, intellettuale completo, che ha scelto Parigi come dimora d'adozione ma frequenta egualmente a suo agio New York. Un uomo necessariamente interessato a tutto ciò che corre tra Oriente e Occidente tra la civiltà araba e islamica e il resto del mondo. È ospite del festival anche per parlare della sua ultima opera, il saggio Oceano Nero, edito da Guanda, che analizza il drammatico rapporto la civiltà dei traffici e delle macchine e l'islam diviso tra tentativi di redenzione o rinascita laica e istanze radicali e fondamentaliste.

È concepibile un ponte tra questre culture? O siamo già al temuto (o desiderato?) "scontro di civiltà"? E quale è il ruolo della creatività e delle menti creative, libere, in queste vicende così angosciose?

Adonis si pone come l'uomo del dubbio. "Io sono nato anti-ideologo e areligioso, perché temo molto tutti coloro che hanno la risposta a ogni domanda. E questo genere di uomini si divide equamente tra i religiosi e gli ideologi. Io credo che l'esistenza ci pnga di fronte a domande a cui non è possibile dare una risposta precisa, univoca e definitiva. Non si può dare risposta a tutto."

Questo non vuol dire che riguardo alle relazioni pericolose tra Oriente e Occidente Adonis non abbia una propria idea: "Credo che buona parte del problema, almeno per gli arabi e i musulmani, sia riconducibile a quella minaccia che io ho combattuto per tutta la vita: lo 'shock della civilizzazione'. Vale a dire il dominio della macchina sull'uomo, o il dominio della moltitudine e del meccanismo sul singolo."

Quali uomini sono immuni da questo shock? "Solo i creativi, i grandi creativi: artisti, poeti, scrittori, filosofi.... Dante Alighieri era immune da questo shock, per questo ha parlato una lingua universale." Ed è esattamente l'universalità dell'arte la strada possibile per la composizione dei conflitti, la pacificazione, la scoperta della comune umanità che unisce, rispetto ai contrasti che dividono altri uomini: "C'è shock fra capitale e capitale, tra mercato e mercato, tra militare e militare." Quanto è dunque travolgente un Occidente che utilizza il mercato e le armi come reciproco sostegno, che combatte per i mercati e commercia per combattere, e quanto è grande lo shock fra i jihadisti, tesi alla vittoria di un Islam ipotetico e sognato, inteso come redentore assoluto dei mali dell'uomo arabo. Due monoteismi, "entrambi in quanto tali la causa della guerra e dell'odio, perché assoluti nelle loro pretese di verità e dominio", quello fondamentalista di Bush e quello salafita di Osama Bin Laden, sono invece il pericolo più grande. "Io sono convinto che Bush rappresenti per l'occidente quello che Osama Bin Laden sia per l'Oriente" (una piccola parte del pubblico protesta), afferma Adonis e rincara: "Il monoteismo è la fonte dei nostri problemi e delle guerre che hanno sempre insanguinato il Mediterraneo; questo posso dirlo certamente come conoscitore dell'Islam. Ma lascio a voi la critica del giudaismo e del cristianesimo, gli altri due grandi monoteismi". Eppure, non senza amarezza, Adonis non risparmia le parole: "Io ritengo che Gerusalemme, città tre volte santa per i monoteismi, sia proprio per questa ragione la città più oscurantista del mondo."

La divisione indotta dai mercati e dalla lotta armata è difficile da superare, ma solo la creatività, intesa come anelito all'infinito può redimere l'uomo. "Qualunque logica creatrice è verticale, supera il concetto di tempo e spazio ed è unica nella sua eternità." E la poesia è innanzi tutto trasformazione e linfa vitale contro tutto ciò che complotta contro la vita stessa: le patrie, le istituzioni, il terrorismo, le convenzioni sociali e le circostanze storiche. La poesia è vita, amore, creazione. A tutto questo si oppone la forza livellatrice e barbarica della civiltà delle macchine, dei consumi, dell'automazione: "In arabo - prosegue Adonis - esiste una coincidenza linguistica straordinaria tra le parole 'Dio' e 'Macchina', quasi omofone. Noi siamo prigionieri di due macchine: la macchina ideologica divina, spirituale, e la macchina ideologica tecnica, materiale."

Sarebbero questi due Moloch secondo Adonis i grandi nemici della vita, e possono esere sconfitti solo con la poesia, la creatività, l'amore, la sola via regia per mettere in questione la visione monoteista del mondo, perché ci aprono la porta per conoscere meglio noi stessi.

Intervista

Nella sua ultima opera, Oceano Nero, Lei ha scritto da saggista, ma in quanto poeta sa benissimo che le singole parole sono tutto, sono determinanti. Vorrei partire quindi da due parole che compaiono con un'enorme frequenza nell'opera: "terrorismo" e "fascismo". Perché l'abuso le ha inevitabilmente logorate, rese ambigue e forse bisognose di accurata definizione. Qualunque governo, dalla democrazia più liberale al regime più autocratico, definisce infatti "terrorista" ogni gruppo che si oppone allo Stato, e in ciò vi è senza dubbio un intento strumentale. Come strumentale è divenuta l'accusa di "fascismo" o "nazismo" utilizzata ormai più per tappare facilmente la bocca all'interlocutore nel dibattito pubblico che per valutare o descrivere il reale. Sul piano politico vale anche la considerazione che il fascismo è un'esperienza storica ormai conclusa e storicamente definita: ha quindi senso utilizzare una categoria storica per descrivere la realtà presente?

Lei ha perfettamente ragione. È vero: questi due termini sono stati banalizzati dall'abuso. Sembra un paradosso, eppure tutto quello che è banale è terribilmente difficile da definire e spiegare. Pertanto io mi "nascondo" dietro questo stratagemma, per difendermi a mia volta dal rischio della banalità: fornisco solo la mia personale definizione del termine.
Nel caso della parola "terrorismo", per me è terrorista chiunque violi la vita quotidiana con la violenza, a qualunque titolo o per qualunque motivo. Parlo di "violazione" e di "violenza" - non a caso due parole semanticamente affini - e di violenza contro la vita quotidiana, un atto che può essere indifferentemente esercitato sia dal singolo che da un gruppo e - cosa assai più importante secondo me - che non è solo e necessariamente un atto politico, ma anche culturale, artistico, sociologico.
Il terrore è una violazione perpetrata ovunque, a qualunque livello e in qualunque ambito. La natura del terrorismo non cambia, ma varia da luogo a luogo, da situazione a situazione, da società a società, solo in virtù del grado o dell'intensità con cui si manifesta.
Il problema è che oggi si enfatizza solo l'aspetto politico del terrorismo, ma io spero che lo si affronti in futuro sotto ogni aspetto, anche e soprattutto perché il terrorismo trascende questo ambito e nasce da un nucleo assai più profondo e terribile: ogni terrorismo nasconde sempre qualcosa di peggio della semplice violenza politica.Quanto alla definizione di "fascismo" mi stupisco molto che un giornalista italiano chieda proprio a me di darne una, visto che l'avete inventato voi [ridiamo]. Come sempre posso dire che cosa significhi per me questo termine.Secondo me il fascista è chiunque creda di essere detentore della verità assoluta, e quindi ritenga di avere la risposta a tutte le domande e chiunque ritenga che la realtà, gli altri uomini, il mondo, debbano esistere solo ed esclusivamente in sua funzione e al suo servizio.

Un egoista, dunque?...


No, preferirei evitare questo termine, perché è troppo psicologico, inadeguato perché non coglie esattamente il senso di quello che ritengo sia il fascismo. Piuttosto io credo che il fascista sia chiunque creda che il mondo debba essere a sua immagine e somiglianza ed esistere esclusivamente a suo beneficio e conformità. Il fascista desidera una realtà immutabile, a meno che egli non decida di mutarla sua sponte. Allora il cambiamento è ammesso. Però, siccome di solito il fascista è intellettualmente limitato e rigido, il mondo a misura del fascismo è un mondo sostanzialmente immutabile.
Come per il terrorismo, anche per la nozione di fascismo è importante riconoscere che non esiste solo un fascismo politico, ma anche un fascismo letterario e artistico, come detto sopra.

Toccando la cronaca di questi giorni, e la questione dell'integralismo, abbiamo visto che la popolazione libanese si è dimostrata solidale con Hezbollah a seguito della crisi militare e a seguito dei bombardamenti israeliani. Come definirebbe queste persone? Integralisti, fanatici? Si può chiamare terrorista chi solidarizza con la milizia Hezbollah dopo aver visto la sua casa devastata dall'artiglieria israeliana e i suoi cari massacrati sotto le macerie? È fanatismo religioso o reazione a un invasore?

No. Io non chiamerei integralista o terrorista chi reagisce all'aggressione militare. Questo è proprio il caso dei civili libanesi che si fanno proteggere dagli estremisti Hezbollah perché le loro case e la loro vita quotidiana sono state appunto violate dall'aggressione e i loro cari sono stati uccisi. Questa è autodifesa, non integralismo o terrorismo.
Tra l'altro in Libano tutti sanno che Hezbollah è una minoranza assai ridotta e politicamente isolata. La stragrande maggioranza dei Libanesi non è affatto intollerante o integralista, ma appunto è divenuta fiancheggiatrice di Hezbollah per necessità, per autodifesa, perché spera che gli integralisti la proteggano da Israele.

Dalla lingua alla cronaca alla filosofia... vorrei chiudere questa intervista citando ancora Oceano Nero: "La violenza, per qualsiasi motivo l'uomo la eserciti, lo fa uscire dalla cerchia umana." Che cosa risponde a chi le obietta che in realtà la violenza, in ogni sua forma, è uno dei tratti tipici, caratteristici, dell'essere umano? Gli animali sono violenti solo per fame o quando devono difendere i propri cuccioli. Non sono stati gli animali a inventare Auschwitz, la tortura, le deportazioni, Sabra e Chatila o Qana, i gulag, lo stupro etnico, ma gli uomini. Uccidere, come ridere, sembra essere una caratteristica genuinamente umana.

Sarei un uomo molto triste, sarei disperato se dovessi pensare che non esista una via d'uscita dalla maledizione della violenza umana. Io invece credo che l'uomo sia un essere in evoluzione e quindi che ci sia spazio per la speranza. Io vedo l'uomo come essere capace di amore e come creatura antiviolenta.
Piuttosto è la violenza a essere caratteristica dell'animalità umana, di ciò che lega l'uomo alle creature meno evolute. Non a caso Aristotele definì l'uomo "animale parlante", quindi anche animale. Proprio perché è un animale in evoluzione io sono certo - e spero - che l'uomo riuscirà a liberarsi dalla prigione della violenza. Un giorno, che spero non lontano, sarà capace di superare sé stesso e la sua animalità.
Anche e soprattutto perché io credo che l'uomo sia al sommo della creazione - intesa non in senso religioso, ma naturalistico - e quindi abbia le capacità per superare la barbarie. Per finire, aggiungo che non è tanto questa selvatichezza di fondo il pericolo attuale, ma la violenza dell'asservimento dell'uomo alla macchina. Ma questo è un altro discorso, lungo, difficile, e non abbiamo il tempo di affrontarlo.

Festival della mente di Sarzana
Poeta siriano-libanese, critico letterario, traduttore e redattore, una figura di grande influenza nella poesia e letteratura araba contemporanea. Nel suo lavoro Adonis fonde una profonda conoscenza della poesia classica araba ed espressione rivoluzionaria, moderna. Come gran parte di scrittori mediorentali, Adonis ha esplorato il dolore dell'esilio - "Scrivo in una lingua che mi esilia," ha detto. "Essere un poeta significa che ho già scritto ma che in realtà non ho scritto nulla. La...