Comincia a fare buio ed è il freddo.
Intemperie.
La sera entra nel sonno
e torna al suo presepio come
stanchi cavalli che si avviano alle stalle
quando nell’aria s’insinua la notte.
La notte copre l’aria.
La notte copre il dormiente e l’insonne.
Lei dorme. Io veglio.
Ascolto il suo respiro regolare
la sua battaglia d’amore contro i giorni
ascolto il palpitare fertile dei suoi libri
spada di suoni e di parole.
I piatti della cena
son rimasti in cucina
da lavare e in quell’angolo
– come uccello che dorma accoccolato –
si sente il vasto respirare della vita.
Ci vediamo ogni tanto
per qualche giro imprevedibile delle ore.
E siamo più stanchi perché siamo più vecchi.
Forse anche più tristi. E forse più sereni.
È questa la parte che ci è toccata nella vita
con vita e morte e amore e disamore
e amore ancora
e voglia
e volontà
e fatica.
E ci rimettiamo a parlare
io le racconto e lei mi racconta e io le dico
di mio fratello morto
e insieme ricordiamo
i suoi occhi così azzurri che azzurravano gli occhi degli altri.
Le racconto che una mattina a Benares
(gli indù la chiamano felicemente Varanassi)
ho visto un cane
mangiare l’orecchio di un cadavere
e le racconto che mio fratello aveva già
nel suo corpo di luce
il colore tenebroso della putrefazione.
Perché tutta la morte è una ed è uguale
ed è comunque un atto di barbarie
e sempre la sua ombra si muove
davanti dietro o dentro noi.
Le racconto che a volte penso
alle nubi come pastori bianchi
che preparano la tavola rossa della resurrezione
e che lì ci ritroveremo tutti seduti e sereni
guardandoci guardare a capotavola
da dove ci starà guardando Iddio.
Comienza a hacer oscuro y es el frío.
Intemperie.
La tarde entra en el sueño
y torna a su pesebre como
cansados caballos caminan a su establo
al deslizarse la noche por el aire.
La noche cubre el aire.
La noche cubre al durmiente y al insomne.
Ella duerme. Yo velo.
Escucho su respirar acompasado
su batalla de amor contra los días
escucho el palpitar jogoso de sus libros
su espada de palabras y sonidos
Los platos de la cena
quedaron apilados
y en ese rincón de la cocina
- como pajáro durmiendo acurrucado –
se escucha un amplio respirar de vida.
Cada tanto nos vemosàen alguna vuelta imprevisible de las horas.
Y estamos más cansados porque estamos más viejos.
Quizá también más tristes. Y acaso más serenos.
Esta es la cuota que nos tocó en la vida
con vida y muerte y amor y desamor
y amor de nuevo
y gana
y esfuerzo
y la fatiga
Y volvemos a hablar
yo le cuento y ella me cuenta y yo le digo
de mi hermano muerto
y juntos recordamos
sus ojos tan azules que azulaban los ojos de los otros.
Le cuento que una mañana de Benares
(Varanassi la llaman hermosamente los hindúes)
He visto a un perro
comerse la oreja de un cadáver
y le cuento que mi hermano tenía ya
en su cuerpo de luz
el tenebroso color de lo podrido
porque toda la muerte es una sola e igual
y es siempre un acto de barbarie
y siempre su sombra va
delante, detrás, o dentro de nosotros.
Le cuento que pienso a veces
en las nubes como pastores blancos
que preparan la mesa roja de la resurreción
y allí estaremos todos sentados y serenos
mirándonos mirar la cabecera
donde nos estará mirando Dios.