La poesia di Agneta Falk riflette la sua costante convinzione che l'apice dell'espressione umana deve affermare un'atmosfera libera, senza confine, come una specie di sommità di montagna internazionale che è contemporaneamente la nuova terra millenaria. Questa contraddizione, di altitudine e condizione terrena, è ciò che alimenta il suo lavoro, sia che scriva una poesia d'amore e la natura che la ispira, che una poesia che condanna l'ingiustizia sofferta dagli esseri umani a causa dei sistemi di sfruttamento e oppressione.
Una donna del mondo, accetta il fardello di negazione e caos nella vita contemporanea ma solo per rivelare, nel processo della sua creazione, che né la negazione, né il caos sono in realtà negativi. Piuttosto, essi sono stimoli per una più profonda affermazione dell'amore e della vittoria globale dello spirito che la sua poesia consegue. Per Agneta, la precisione del sentimento descritto non è mai disgiunta da un tono di fiducia filosofica che sostiene, in realtà inchioda, le sue visioni concentrate le cui succinte costruzioni evocano sentieri di saggezza verso un futuro più maturo e migliore.
"Sono entusiasta delle poesie dello Yorkshire di Agneta Falk, danno a noi americani la possibilità di capire fino in fondo la coscienza in un paesaggio grigio molto lontano dal nostro."
Lawrence Ferlinghetti
"Le sue percezioni, sia del paesaggio dell'io che del mondo, sono uniche. C'è una giocosità beffarda con il linguaggio e sempre una chiarezza sorprendente, sia che scriva dello Yorkshire, dell'America Centrale o di San Francisco."
Judi Benson
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Per Aggie
Difficile per me scrivere di un poeta. Se poi si tratta di Agneta Falk, mia amica ed anche compagna del caro Jack Hirschman, la cosa si fa ancora più complessa ed emotivamente coinvolgente. Conosco Aggie e Jack da tanti anni, numerosi sono gli eventi ed i readings che ci hanno visti insieme, l’affetto è ormai talmente involto nella familiarità — (la Casa della poesia... “la tavola della nostra famiglia italiana”) — che ciò che apparentemente potrebbe sembrare semplice, lo scrivere a proposito dei versi di una cara amica, diventa straniante e davvero complesso. Se aggiungiamo che non ho alcuna dimestichezza con lo sguardo ed il linguaggio della critica....
Procedo dunque cercando di dissolvermi nella sua scrittura e, come prima considerazione, mi sento sollevato dal fatto che questa stessa mi facilita il percorso grazie alle qualità che già di per sé esprime.
Agneta Falk è svedese di nascita, ma raffinata anglofona di adozione, dunque la prima osservazione fondamentale è sulla sua grande capacità di utilizzare una lingua non originaria. Questa prerogativa l’ha certo aiutata ad affrancarsi da eventuali “questioni della lingua” ed a calarsi in maniera diretta in una scrittura che riesce ad aprire gli occhi sulla vita, e sulla sua realtà più frammentata e sofferente, fino a farcene intravedere spietatamente e consapevolmente tutta l’amarezza.
Ma, pur restando sempre colloquiale e diretta, la sua lingua non s’indebolisce, anzi, l’assenza di giochi formali, enfasi, ermetismi... la rende più acuta e penetrante, sostanziale e inevitabile. Dove ci si potrebbe perdere, ci riporta subito all’essenza con immediatezza ironica o concretezza dolorosa. Ma senza violenza di forzature, cercando sempre una risposta, un forte sostegno di speranza, aggrappata profondamente ad una irriducibile coscienza etica.
Il suo verso, femminile nello sguardo e spesso anche nella sostanza dell’osservazione o dell’affettività ("Le donne come te", "Venduta", "Astrid", "Madge", "Lei"...), è popolato da umanità di emarginati e vittime di cui rivendica ed espone la sofferenza, tutelandoli con un vigile senso di pietà che mostra ad oltranza la dignità anche nelle sue violazioni più estreme (tante facce/sull’orlo delle loro vite/urlano ammutite/dentro me). Solo un’identità così forte ed onesta poteva impugnarne i simboli per agitarli davanti alle nostre coscienze (I morti ci ammoniscono).
Versi di ribellione? Sì, certo, se in questa comprendiamo ciò che anche a noi più sta a cuore, che ci coinvolge senza dubbi: amore e indignazione permanente, senza rassegnazione. Ecco l’amore, accumulato in sedimentazioni interne, che riaffiora sempre diventando linguaggio, ricerca, tensione costante, che emerge e si conforma in dignità ogni volta che ne affronta la mancanza.
È questo paradigma l’elemento che conduce l’esistenza di Aggie. Sia nella sostanza della sua vita pubblica e privata, che dentro le pagine di questo libro, al quale la vita stessa ha chiesto di essere accolta per poter continuare a restare in dialogo.
Un amore perseguito con sensibile accuratezza e ruvida ostinazione, diretto ed impetuoso nell’affrontarne le pulsioni, quanto tenero di pazienza nel progettarne visioni familiari, desideri, passioni. L’amore, che qui sa confrontarsi con l’amore stesso in modo semplice e diretto, chiama la poesia a dire, accogliendo il sentimento e respingendo i sentimentalismi, rifiutando le sublimazioni, cercando sempre il confronto, assumendo il disagio della differenza. Perché è vivo, quindi capace di trasportare la propria complessità e parteciparla all’interiorità di tutti.
In naturale continuità con il suo libro precedente ("It’s not love it’s love"), ora da Aggie Falk abbiamo un altro vero libro sull’amore, accogliente come una spaziosa strada da percorrere, universale e profonda.
Alberto Masala
Agneta Falk è nata a Stoccolma, Svezia nel 1946. La sua vita in poesia e pittura si è significativamente affermata in Inghilterra, Italia, Francia e negli Stati Uniti, a San Francisco, dove vive dal 1998. Il suo primo libro di poesie, Here by Choise, fu pubblicato da Trigram Press, Londra nel 1980. Nel 1996 è stata coeditrice insieme a Judy Benson di una importante antologia di poesie elegiache, The Long Pale Corridor pubblicata da Bloodaxe Books, Inghilterra. Nell’anno del millennio, la...