Nuova collaborazione Casa della poesia e il Fatto Quotidiano
04/04/2011

La parola Poesie

La parola The word
Il corpo rimane mentre il respiro rallentava;
ispessitosi attorno alla parola strozzata,
piangendo affamato d’aria come un neonato
per il latte sfilacciato di sangue della mamma,
la lingua che mugola un motivo fatto di lamenti,
unendo gemiti a “oo” radicali
secondo la marea, uh, tornando a casa
da cuori che echeggiano “ah” attorno alle pelli
che battono e alle corde di budello che vibrano qui –
ascolta attorno a questo cerchio dove parliamo
scintille dalle lingue come pietre focaie per accendere
la torcia del linguaggio che oscilla sulla testa,
notte di turbini di tizzoni per cui la vista traccia
la sintassi delle stelle che
dicono questo racconto di luce
innamorandosi dell’oscurità, e il loro figlio,
il suono dietro alla parola, apre le sue ali
riempiendo i polmoni con nomi infuocati di cose
che cantano tazze di sussurro di passione della Primavera,
quella nenia funebre che depone le pietre sulle tombe,
che risuonano ora alla batteria AUM...
Ma la parola imparò a mentire attraverso un sorriso
di zanne, lascia se stessa essere affilata fino a un punto
e bloccata nella musica della pulsazione per cui il “no”
sta congelato aperto sulle bocche dei nemici.
Cadde sulla linea dietro a numeri per edificare
imperi dalle lastre tombali, e marciò come
bastoni carbonizzati attraverso le pagine gialle della storia,
soffocando di nuovo sotto agli staffali delle biblioteche.
Ma la parola si innalza e rifiuta di vendere
il suo urlo nudo in cambio delle lettere della legge,
o si raggomitola sotto al feretro dei titoli,
o clicca e scintilla dentro agli schermi.
Parla di un seme selvaggio che dice verde;
una goccia di sudore che rinfresca la polvere innalzata,
una crosta di pane rotta e condivisa
un bocciolo lanciato nel sentiero della morte,
una poesia che sa che i denti del poeta
dureranno di più di qualunque nuovo suono che vi si aggiri.
E la parola torna lungo questo mattatoio
di Babele, canticchiando da queste poche ossa,
“evviva, evviva, evviva, la vita è solo un sogno...”
per cui ciascuno di quelli in fila alla banca si unisce
al giro e al trambusto delle fermate per gli affari
sotto ai raggiri della piramide dove ogni io
vuole quello splendore da faro e quel chiasso da suono digitale
che non annegherà mai la semplice lirica
quaggiù dove il respiro fuma e scorre.
I narratori di storie fecero passare funi di ossa attraverso le loro lingue
per osservare quello che dicevano. I bardi furono cuciti
dentro a sacchi e appesi su un abisso per tre giorni
affinché pensassero prima di parlare. Senachies consumava
piedi scalzi rendendo presente il fantasma del coro.
E la musa disvela veli di silenzio
nel mezzo di questo baccano di distruzione e baci
la parola piena sulle labbra per cui non c’è nulla
tra il respiro e la verità lasciati liberi.
Da “Merry-Go-Round”, City Lights Italia, Firenze, 2000.
Body stands ad breath slowed down,
thickened around the word stoked up,
crying as hungry for air ad newborn
for blood thrumming milk of mother
tongue humming tune formed of moans
marrying groins with oo from roots
unto moon’s pull, uh, coming home
to hearts that echo ah around skins
thumped and gut-strings vibrating here –
hear around this circle where we speak
sparks from tongues like flints to kindle
the torch of speech swung overhead,
embers swirling night so sight traces
syntax of stars telling this tale of light
falling in love with dark, and their child,
the sound behind the word, spreads its wings
filling lungs with fiery names of things
that sing passion buzzing cups of Spring,
that dirge sorrow laying stones on graves,
that resound now to the drum AUM…
But the word learned to lie through a smile
of fangs, let itself be sharpened to a point
and stuck in the music of pulse so “no”
stays frozen open on mouths of enemies.
It fell in line behind numbers to monument
empires from tombstones, and marched like
charred sticks across yellow pages of history,
suffocating again under library stacks.
But the word rises and refuses to sell
its naked howl for only the letters of law,
or cower under the pall of headlines,
or click and flicker inside screens.
It speaks one wild seed that says green;
One drop of sweat cooling dust risen;
One crust of bread broken and shared out;
One blossom tossed in the path of death,
One poems that knows that the teeth of the poet
will outlast any new sound lingering.
And the word wends through this shambles
of Babel, dowdling from these raggy bones,
“merrily, merrily, merrily life is but a dream…”
so every one in line at the bank joins
the round and the hustle of business stops
below the pyramid scams where every I
wants that spotlight glare and soundbyte blare
that will never drown out the simple lyric
down here where breath steams and streams.
Tale-tellers ran bone-ropes through their tongues
to watch what they say. Bards were sewn up
in sack and hung over an abyss three days
to think before they speak. Seanachies wore down
unshod feet bringing the ghost chorus present.
And the muse unravels veils of silence
in the midst of this din of dis and kisses
the word full on the lips so there is nothing
between breath and truth set free.
Massimiliano Chiamenti