Giovanni Quessep è nato nella provincia di Sucre (San Onofre, Colombia, 1939), sulla costa caraibica colombiana, ha fatto i suoi studi superiori a Bogotá dove si è laureato e dove è stato docente universitario per lunghi anni.
Dopo una prima raccolta giovanile ("Después del paraíso", 1961), ben presto rinnegata come opera immatura, esce "El ser no es una fábula" (1968), dove sono già definite alcune delle sue costanti: il ritmo musicale austero, con preferenza per l'endecasillabo e il settenario, il campo lessematico aulico, il tono riflessivo e sentenzioso, la sicura composizione di una serrata rete simbolica. Buona parte di questa raccolta, con un gusto tipicamente novecentesco, è dedicata a parlare della poesia stessa, dell'avventura della scrittura. Attraverso la scrittura l'individuo supera i propri confini: si brucia e si perde – si dimentica – come individuo, ma si ritrova come poeta. E la voce poetica – per Quessep come per Borges – non è dell'individuo, bensì della tradizione. In essa l'uomo si riscatta attraverso un movimento dialettico che va dall'io, entità contingente, all'essere, entità sostanziale. Nell'agonico vivere, sembra dire Quessep, c'è soltanto un'altra forma di riscatto: l'amore, che appartiene all'io ed è forse la sua più bella favola. Non è casuale che si ritrovino in questa poesia le storie rivisitate di Alice, della Bella Addormentata, di Ulisse e di Nausicaa. Con "La morte del mago Merlino" ("Muerte de Merlín", 1985), metafora del poeta e alter ego dell'autore, si chiude anche questa fase di affascinante invenzione, questo palazzo di sogni dove la voce poetica ha trovato il suo spazio di sicurezza e la sua spinta motrice. Nella sua ultima fase il poeta sembra contrapporre il sogno alla riflessione, e mentre accarezza ancora le vaghe sagome dell'illusione, si avvia verso il cupo e l'indistinto. Magica e purissima, questa poesia insegna insieme a sognare e a riflettere. Ma soprattutto conforta, offrendosi come una tregua di grazia e armonia, seppur dolcemente malinconica.
Dal 1985 Quessep si è ritirato nella città di Popayán, dove continua ad insegnare all'Università. Solo eccezionalmente partecipa ad eventi culturali nazionali o internazionali, benché continuamente sollecitato da organismi pubblici e privati. È oggi uno dei poeti più letti e più seguiti dalle giovani generazioni.
En abril de 2006, la ciudad de Popayán lo declaró hijo ilustre durante un gran homenaje organizado por ex alumnos del maestro de la Universidad del Cauca donde exaltaron su obra poética.
Nell'aprile 2006, la città di Popayan, lo ha dichiarato "figlio illustre" in un grande omaggio organizzato dall'Università di Cauca, dove è stata celebrata la sua poesia.
Altre opere poetiche pubblicate: "Duración y leyenda" (1972), "Canto del extranjero" (1976), "Madrigales de vida y muerte" (1978), "Libro del encantado" (1978), "Preludios" (1980), "Un jardín y un desierto" (1997), "Carta imaginaria" (1998). Ha riunito la sua vasta opera in due antologie: "Poesía" (1980) e "Antología poética" (1993), quest'ultima nella collana di classici colombiani del prestigioso Istituto Caro y Cuervo di Bogotá, con una corposa prefazione di Hernán Reyes Peñaranda.
Traduzioni: vedi il dossier "Alcuni decenni di poesia colombiana. Giovanni Quessep", a cura di G. Chiappini e M.L. Canfield, in «Collettivo R», nn. 72-76, settembre 1996-aprile 1998.
Ha partecipato nel 1998 a "Lo spirito dei luoghi - Latinoamericapoesia".