«Ora, se riuniamo i tre motivi sui cui ci siamo soffermati, – la lotta contadina, l’aspirazione cosmica, e il raggiungimento della parola – la verità inseguita dal poeta assume un tono di interezza, che davvero sorprende in un tempo come l’attuale mosso da preoccupazioni subdole alla menzogna, spacciata per senso comune. Occorre capovolgere il detto di un titolo di Manganelli: La letteratura come menzogna, per riconciliarsi con la poesia-verità. Non soltanto, in Zlobec, la parola restringe il vuoto a cui l’ha consegnata il dire comune, ma egli dà ad essa un compito infinito, quello di illuminare il nostro mondo interiore, cercando di fugare le tenebre che lo soffocano. Parola che si regola sul silenzio del nostro cuore: “Parola, tutta intera ti possiedo, / eppure non posso gridare”. Eccoci allora invitati al miracolo: la parola, che abita “fra il tutto e il nulla”, finisce per diventare la metafora totale dell’amore: conosce il senso donde partire e a cui giungere nel pieno affidarsi all’altro.»
Giacinto Spagnoletti
Ciril Zlobec, poeta, romanziere, saggista, antologista, traduttore, redattore, accademico, è nato il 4 luglio 1925 a Ponikve (Carso triestino, dalla parte slovena), nono e ultimo figlio di una famiglia contadina. La scuola elementare (italiana) frequentò nel vicino paese, le prime classi ginnasiali nel seminario minore, prima a Gorizia, poi a Capodistria. Nel 1941 fu espulso dal seminario “perché scriveva poesie in sloveno” (erano gli anni duri del fascismo) e, in conseguenza, “per...