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04/04/2011

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Carlos Bousoño
Un teste credibile: Carlos Bousoño

Carlos Bousoño è poco conosciuto in Italia così come lo sono tutti o quasi tutti gli autori venuti dopo la grande stagione della lirica protonovecentesca da Machado a Lorca.
Non che il discorso della coscienza poetica di Spagna si sia fermato là. Ci sono stati, dopo la sconfitta della democrazia e la diaspora conseguente e sotto il regime franchista, altri capitoli interessanti, qualche testimone forte, qualche eloquente riflusso nella introversione, oltre alla coltivazione più o meno decorosa della retorica.
Di Bousoño sentimmo parlare prima come studioso e interprete di alcuni autori considerati ormai archetipici. Dámaso Alonso, nella sua doppia veste di grande cattedratico e di poeta si può ben dire a pieno titolo sia stato il suo maestro.
Ma la poesia di Bousoño che ebbe una presenza sommessa occupa degnamente il periodo, per così dire di ripensamento, che seguì agli estri e agli splendori della generazione del 1928, così sintetizzata e significata dall’anno del centenario gongolino.
La Spagna profonda, specialmente nella sublimità dei suoi grandi mistici, in primis San Giovanni della Croce, ritorna con una intensità ritrovata sia come paradossale purezza speculativa, sia come tormentoso rapporto con il presente: Bousoño mi pare aderisca quasi programmaticamente alle due facce della leggenda, quella luminosa e quella introflessa, affonda senza adagiarsi (ma siamo nel tempo dell’esistenzialismo) il suo tema umano in quella laboriosa tradizione. Si complica, è vero,con la storia e con l’esperienza che ne discende, anche se Bousoño si tiene lontano dagli assunti della poesia sociale dei suoi coevi ma rimane fedele alla qualità della sua elevata motivazione. Può darsi che il progressivo sviluppo del pensiero analitico abbia in lui allo stesso tempo allargato e allentato la vibrazione del linguaggio, può carsiche in questa dilatazione del respiro abbia perduto in parte il kronos del verso, ma la volontà di affermazione positiva e conciliativa del testo profondo guadagna in pathos circa la lettura e la visione del mondo.
Di lui mi piace ricordare questo finale di poesia: “Senza la speranza di recuperare il perduto / e finalmente, spossessati, aver proseguito per la strada sincera / ed essere entrati nella notte assoluta con ancora coraggio.”
Chi si fa perdonare parole simili è un teste credibile. Bousoño lo è.

Mario Luzi
Nato nelle Asturie, a Boal nel 1923, Carlos Bousoño è da considerarsi uno degli autori più significativi delle lettere spagnole del Novecento. Un’infanzia solitaria nella sua regione favorirà la vocazione poetica. Allievo del Nobel Vicente Aleixandre, Bousoño è sempre stato a contatto con i principali esponenti della poesia mondiale. Nel 1943 si trasferisce a Madrid, e tra il 1947 e il 1949 in Messico e negli Stati Uniti, sostituendo per un periodo Jorge Guillén nell’insegnamento al... carlos-bousono-1