Com’era diritto mio padre
quando saliva le scale
di ritorno dall’ufficio
e le nostre vicine, le parrucchiere
lo salutavano: “dottore”.
Che passo veloce, sicuro.
Che doppiopetto, che cappotti portava
quando la domenica rientrava
forte come una folata di tramontana
da quei suoi segreti, fiabeschi
viaggi di fine settimana.
Fu proprio dalle falde del cappotto
che quella sera fece saltare
sul pavimento della cucina
per me il cucciolo promesso
il piccolo pastore tedesco
che poi chiamammo Sahib.
Ora finalmente ci penso.
Mia vita, non mi hai più regalato
qualcosa si così triste,
qualcosa di così immenso.
(da: Giuseppe Conte, Ferite e rifioriture, 2006)