L'infinito e gli «altri incantesimi» di Mussapi
«Questo libro parla di qualcosa che non c’è. Più precisamente di qualcosa che non c’è più. Parla dell’infinito». Così presenta la sua intervista, nell’introduzione, l’intervistatore, il giornalista Marco Dell’Orto, e di fronte a tale cimento, da far tremare le vene ai polsi a chiunque, l’intervistato, il poeta, drammaturgo e saggista piemontese Roberto Mussapi, non si è perso d’animo e ha provato a rispondere, con risultati a tratti davvero sorprendenti. Ne è scaturita una lunga e articolata discussione “Sulla poesia e altri incantesimi”, come indicato dal sottotitolo, che ha come punto di partenza proprio quello dell’incantesimo, che è l’ubi consistam della poesia e, di converso, il disincanto, che sembra essere la cifra della contemporaneità.
Il primo capitolo di “La paglia di van Gogh” è intitolato «Anime di ghiaccio e nostalgia dell’infinito», e regala al lettore una serie di spunti interessanti. È notevole osservare la libertà con cui Mussapi passa da una disciplina all’altra, dalla poesia alla musica alla scienza, dalla pittura al teatro: in particolare spiccano la pagina sulla speranza (definita «mistica dei semplici» e «volo degli innocenti») e quella sulla ri-valutazione critica di Galilei. Nel secondo capitolo la riflessione si fa un po’ più tecnica e meno libera e si concentra sul rapporto tra preghiera e poesia: il richiamo a Dante, a Luzi ma anche a Michelangelo e a Eliade è forse inevitabile. Ma è negli ultimi due capitoli del libro che l’intervista raggiunge forse il suo apice. Sono dedicati al tema della risurrezione (viene in mente il saggio di Borges sulla «risurrezione della poesia») e al fatto che l’uomo avverte che la morte può essere vinta solo dall’amore.
Splendida in tal senso è la rilettura di Mussapi sul classico d’animazione della Disney della famosa favola di Perrault «La bella addormentata nel bosco». Un film d’animazione «al quadrato» visto che il tema è la ri-animazione di un mondo caduto nel sonno quasi mortale del sortilegio, una ri-animazione che può avvenire solo da uno scandaloso bacio al «cadavere» della principessa Aurora dormiente. Ancora più «scandalosa» è la lettura di un altro «mito letterario» esaminato da Mussapi nell’ultimo capitolo, quello di Prometeo, qui visto nel suo epilogo raccontato da Eschilo in cui il semidio è incatenato e punito per il suo gesto (il furto del fuoco degli dei) a favore degli uomini. Al di là di ogni lettura ormai sedimentata, per cui «prometeico» è ogni uomo che si ribella contro gli dei, Mussapi coglie in modo arguto la forza di questa insolita «figura Christi»: il dio che è incatenato e muore sotto il supplizio per amore degli uomini. È questa una delle tante intuizioni che fanno di questo saggio una lettura obbligata se qualcuno vuole provare ad accostarsi al mondo dell’arte (non solo poetica) con occhio e cuore libero, non convenzionale o, peggio, preconcetta.
tratto da http://www.romasette.it/modules/news/article.php?storyid=3660
Roberto Mussapi è nato a Cuneo nel 1952 e vive a Milano. Tra i volumi di poesia ricordiamo: "La gravità del cielo", Jaca Book, 1983; "Luce frontale", Garzanti, 1987; "Gita Meridiana", Mondadori, 1990; "Racconto di Natale", Guanda, 1995; "La polvere e il fuoco", Mondadori, 1997; "Antartide", Guanda, 2000; "Il racconto del cavallo azzurro", Jaca Book, 2000. È autore di teatro con drammi in versi e in prosa, e ha tradotto, fra gli altri, testi di Stevenson, Melville, Walcott, Heaney e...