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04/04/2011

Napolipoesia nel Parco Napoli Presentazione

Vorremmo inaugurare questi incontri internazionali con un invito e ci piace farlo prendendo in prestito la breve narrazione di un episodio fatta da Pier Vincenzo Mengaldo in uno scritto relativo a Gianfranco Contini: “A un certo punto gli venne chiesto come s’accertava insomma del valore, della resistenza, ecc. di un testo; e lui, con uno di quei gesti graziosi che gli erano tipici, appoggiò una mano a conca a un orecchio, entrambi inclinò verso il tavolo e disse: ‘ascolto’”.
Vi invitiamo dunque ad un atto solo apparentemente semplice: ascoltare.
In effetti il nostro tempo sembra il meno adatto all’ascolto: la comunicazione, in tutte le sue forme, ha assunto un ruolo talmente preponderante da diventare rumore, non più soltanto di fondo, ma addirittura onnipresente ed onnivoro. Importante sembra essere la capacità di affermare la propria esistenza attraverso l’emissione di un messaggio, nel tempo più breve possibile e che arrivi all’audience più ampia possibile.
La necessità ed il senso di tali messaggi, il tempo per una riflessione critica, lo spazio per un confronto, sembrano divenuti del tutto irrilevanti. In una spirale perversa che va dalla notizia bomba fino alla bomba tout-court.
Per questo non desta meraviglia il fatto che la poesia, nel secolo scorso, sia diventata sempre più marginale; piuttosto è sorprendente riscontrarne la sopravvivenza (se non addirittura un ritrovato interesse) a vari livelli.
Registriamo, dal nostro osservatorio privilegiato di Casa della poesia, inattese, per numero e qualità, resistenze alla globalizzazione omologante: sul piano del linguaggio come su quello dei contenuti, questo atto di parola rivendica la propria originalità ed autonomia, si pone in questione contaminandosi e confrontandosi con i linguaggi del corpo e della musica, sortendo in tal modo esiti che la pongono in una posizione nuova e critica rispetto alla realtà, tenendo fede così ad una delle principali sue ragion d’essere, che consiste nel sovvertire punti di vista accettati come dati di fatto dal senso comune, consentendo così l’accesso a visioni inconsuete ed eretiche.
C’è dunque un filo rosso che lega le singole esperienze poetiche ed è rappresentato da questa volontà di resistere all’ineluttabilità dell’attuale ordine costituito, alla sua palese ingiustizia, alla sua avidità, alla sua connaturata violenza.
Questo non comporta affatto un’omologazione alternativa, ma piuttosto un’esaltazione della diversità e della scelta di privilegiare l’incontro come luogo di scambio di esperienze e di interazione tra linguaggi artistici, preso atto che tutti i poeti partecipanti hanno scelto di dialogare con i musicisti, alcuni proseguendo un cammino già consolidato, altri cogliendo la sfida di una novità che può prospettare nuovi orizzonti.
Proporre dunque, come da oltre un decennio andiamo facendo, degli incontri di poesia, è, da parte nostra, una richiesta d’ascolto, inteso non come atto passivo, ma come momento critico e di partecipazione.
Sicché non è estranea a queste considerazioni la scelta del luogo. Che esista un legame saldo tra pensiero e giardino, tra “deserto” (inteso come luogo non frequentato dagli umani) e meditazione, è storicamente e letterariamente acclarato.
Ma questa scelta non è stata dettata da una tentazione arcadica, non intendiamo chiamarci fuori dalla storia e dalle sue contraddizioni, piuttosto abbiamo avvertito l’esigenza di frapporre una distanza tra noi e la metropoli, luogo creativo e caotico per antonomasia, in cui le relazioni si sovrappongono freneticamente fino a sbiadire nell’indistinto. Una distanza per vedere meglio, prima di ritornare nella realtà urbana con una nuova consapevolezza.
Ci aspettiamo quindi che questo sguardo obliquo, che il luogo, la poesia e la musica ci consentono, possa essere seme per un agire più critico, più svincolato dalla dittatura del giorno dopo giorno, più disponibile alle urgenze di questo tutto indissolubile che è uomo+ambiente.
Per queste ragioni (o forse, per dirla con Brecht, perché siamo ancora ostinatamente seduti “dalla parte del torto”) vi auguriamo, non convenzionalmente ma con grande convinzione, semplicemente Buon ascolto!


Casa della poesia


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A circa un anno dall’istituzione del Parco Metropolitano delle Colline di Napoli sono particolarmente felice di ospitare nello splendido Belvedere del bosco dei Camaldoli, riserva integrale del Parco, la prima edizione di “Napolipoesia nel Parco”, con una rassegna di tre giorni dedicati a incontri internazionali di poesia.
Se le scorse edizioni sono state realizzate in luoghi simbolo della città – l’area archeologica di Capo Posillipo, il Maschio Angioino – quest’anno la rassegna può vantare un nuovo scenario, altrettanto ricco di storia, di bellezza e soprattutto carico di speranza: la collina dei Camaldoli, a pochi metri dall’Eremo dei Camaldolesi.
Da sempre, la collina dei Camaldoli è un elemento caratterizzante la forma urbis di Napoli, un punto di riferimento fondamentale nella costruzione e percezione della città.
Con Napolipoesia si vuole inaugurare un nuovo percorso per vivere i Camaldoli, e più in generale quelle che oggi sono definite periferie urbane, da dentro, se ne vogliono risalire le strade, scoprire gli angoli, gli ampi panorami, le peculiarità. Dai Camaldoli, il percorso vuole allargarsi alla scoperta di tutto il sistema collinare, che si configura sempre di più come la nuova centralità per il riassetto urbanistico e socio-economico dell’immensa area metropolitana di Napoli.
Mi piace pensare al tema del dialogo come filo rosso della rassegna, aperto a tanti significati, a tante sfumature. A partire dallo scambio, dall’influenza reciproca che nasce tra evento e luogo che lo ospita: da un lato le colline che con Napolipoesia si caratterizzano come nuovo nodo culturale della città, dall’altro Napolipoesia che portato ai Camaldoli richiama l’attenzione su aree attualmente escluse dai classici circuiti deputati alla cultura.
Ma penso anche alla nuova forma di dialogo che deve instaurarsi tra le diverse aree della città, per superare la contrapposizione centro-periferia e attribuire il giusto valore alle aree più esterne, valorizzandole a partire dalle proprie vocazioni, dagli aspetti ambientali e storici.
Per il futuro mi auguro che l’arte diventi, per un pubblico sempre più ampio, la chiave interpretativa del territorio e della società, un modo per accedere al sapere e alla consapevolezza dei diritti e dei doveri di un popolo.
Non trovo parole migliori di quelle espresse da Jack Hirschaman, uno dei grandi protagonisti della rassegna, per definire l’importanza sociale della poesia “la vera avanguardia è la povera gente, i milioni di diseredati. La poesia deve arrivare a loro, aiutarli a prendere coscienza dei propri diritti. Ma c’è bisogno di tempo. Dovremo lavorare per i prossimi vent’anni per questo obiettivo, ma alla fine ce la faremo. La poesia è l’unica arma che abbiamo contro il caos di questo mondo”.
È con questa consapevolezza e in questa direzione che intendiamo lavorare nei prossimi anni, costruendo un grande evento annuale che porti a Napoli poeti e artisti da ogni parte del mondo.


Il commissario Parco Metropolitano delle Colline di Napoli
Agostino di Lorenzo