"Sono malato di poesia"
intervista a Salamun
di Angelo Floramo
Tomaž Šalamun è un poeta vero, un uomo infiammato dalla parola, che ha dedicato la sua vita e il suo considerevole talento ad incendiare il linguaggio. E non soltanto in lingua slovena: la sua poesia in Inglese esercita una profonda influenza sui più giovani poeti americani, che adorano la sua immaginazione selvaggia, le sue linee ribelli, il suo pathos. Nei suoi versi l'universo rivela la sua essenza più profonda, anarchica, misteriosa e magica. Dal momento in cui l'ho conosciuto sono stato consapevole di trovarmi alla presenza di un grande, e la nostra amicizia negli anni ha soltanto potuto confermare quell'impressione. Non sto nella pelle dall'impazienza di leggere il suo nuovo libro di poesie, che già mi brucia dentro! (Christopher Merrill)
Come si diventa poeti? Alle volte basta davvero poco. Per esempio un gatto. Macek, in sloveno. Un gatto puzzolente, disgustoso, che ammorba l'aria per il breve spazio concesso a una manciata di versi. Il poeta che lo descrive è un giovane studente di 23 anni non ancora compiuti, innamorato dei simbolisti francesi, primo tra tutti Baudelaire; uno studente come tanti altri che con orgoglio pubblica una sua lirica su di una rivista di poesia. E fin qui nulla di eccezionale, non fosse per il fatto che la testata è quella di Perspektive, la rivista invisa sia al mondo borghese e conservatore - di cui è fustigatrice - che alla nomenklatura per l'aspro confronto aperto con i rigidi apparati burocratici del Partito. In Slovenia, diversamente dalle altre repubbliche della ex Iugoslavia, il Regime si dimostra particolarmente rigido e inflessibile. E' il 1964. Gli studenti si organizzano, scendono in piazza, esprimono un forte dissenso, anticipando quell'esplosione di libertà e creatività che avrebbe infiammato di lì a quattro anni le università, le fabbriche e le piazze di tutta Europa. Perspektive ne raccoglie lo spirito critico, pubblica le pagine più interessanti di quello scontro di idee febbrile e brillante. Nessuna meraviglia se la rivista è nel mirino dei censori. E qui entra in scena il nostro gatto. Perché uno dei funzionari più in vista del partito si chiama appunto Macek. Gatto. Una coincidenza? Il giovane poeta viene arrestato, assieme al direttore della rivista. Il pubblico ministero chiede una pena esemplare: sette anni di carcere per vilipendio grave. Immediatamente la risposta dei più autorevoli giornali internazionali giunge molto forte ad esprimere dissenso e condanna, dal New York Times al Corriere della Sera. Ne nasce un caso, politico e letterario al contempo. Le porte della prigione, grazie a tanto sdegno, si aprono dopo "soli" cinque giorni per il nostro studente. Ma da allora scrivere poesia è diventato per lui quasi un imperativo etico molto forte, davvero imprescindibile: si chiama Tomaž Šalamun. La critica letteraria internazionale lo giudica meritatamente oggi il più grande poeta vivente dell'Europa Centro Orientale. "Quando Vasko Popa, il maggiore poeta serbo d'allora, lesse i miei versi mi esortò a dedicarmi completamente, interamente, esclusivamente alla poesia. Un suggerimento che ho sposato subito, senza più smettere. Sono malato di poesia, completamente preda dei miei uragani ! Inoltre mi sento profondamente mediterraneo e l'idea di vivere con la poesia e per la poesia si confaceva perfettamente alla mia concezione della vita!" Queste cose me le racconta lui stesso con divertita ironia, mentre quasi di corsa raggiungiamo un luogo caldo in cui continuare la nostra conversazione. Ljubljana è investita dal respiro gelato dei Balcani. Eppure la gente sembra non accorgersene: le strade sono affollatissime di passanti, e la città offre sorrisi luminosi ad ogni angolo di via. Nevischia. I bambini pattinano a frotte su di una pista improvvisata in un vortice colorato di cuffie e sciarpe di lana. Presto il vino rosso scioglie con il suo profumo tanto il freddo quanto le formalità. Šalamun ama raccontare. Le parole sono amiche dei poeti. Il suo italiano è fluido, musicale; è estremamente piacevole starlo ad ascoltare. Non è difficile capire perché venga tanto corteggiato dalle università, dai circoli di cultura, dai mecenati di tutto il mondo. Gli esordi della carriera sono stati particolarmente difficili. Ricorda con emozione quando un vecchio partigiano che aveva combattuto assieme a Tito prese le sue difese contro un funzionario particolarmente zelante il quale raccomandava di non assumere il giovane perché persona non gradita. E quanto fosse duro portare a casa pochi soldi e molta fatica vendendo libri porta a porta. "Qui non compriamo nulla" gli rispose un giorno seccatamente una donna " abbiamo già i nostri autori. E poi in famiglia leggiamo soltanto Kafka, Proust e Šalamun !" Ride mentre sorseggia dall'ampio calice. Mi parla del padre, pediatra in Ljubljana, un uomo di sinistra di grande dignità e coerenza, molto amato in città, che per aver criticato un vaccino di provenienza sovietica venne confinato a Mostar nel 1947. Una città che ha lasciato importanti architetture ideali nella sua formazione umana e intellettuale. "I Balcani sono e restano nel mio sangue. La Iugoslavia era un continente. Ma si immagina la differenza tra il Kossovo e la Slovenia? E Belgrado! Una grande città, attraversata da fremiti di straordinaria cultura. Negli anni trenta del secolo scorso molto vicina a Parigi e alle correnti surrealiste. Mia madre ha ascendenze triestine. Probabilmente pronipote di pirati di Senj. E' da lei che mi viene l'amore per il mare. Da giovane ho anche partecipato alla Barcolana! A Koper i nomi di tutto ciò che si trova nel porto sono nomi italiani: la pagoda, la pagaia, la stecca... se va a Sistiana invece i nomi cambiano e diventano sloveni....Si dice che dove lo sloveno tocca il mare la cultura diventa italiana. Ecco, io sono un po' tutto questo. Quando quel mondo è scomparso sono stato davvero male. Dall''89 al '94 non sono riuscito a scrivere quasi nulla per la pena che ho provato". Gli occhi si accendono di emozione. Penso che quel distinto e affabile signore che siede di fronte a me può vantare quaranta libri di poesie tradotti in tutto il mondo in diciotto differenti lingue ! La tentazione di chiedergli una digressione biografica è troppo forte. "A cinque anni suonavo il piano meravigliosamente bene, riscuotendo notevole successo ! Mi consideravano un vero e proprio wunderkind, un bambino prodigio. Ma la tensione era molto forte. Così a dodici anni ho voluto chiudere con la musica e con l'impegno. Ho fatto di tutto tranne che studiare. E ho vissuto una giovinezza davvero spensierata. Tanto che la scelta dell'università è stata molto difficile per me. Dapprima mi sono iscritto a medicina, ma in una settimana ho capito che quello del medico non sarebbe stato il mio mestiere. Con buona pace di mio padre pediatra. Avrei voluto fare architettura. E mi ero anche innamorato di una ragazza che si era iscritta a quella facoltà; ma non essendo capace di disegnare bene ho rinunciato subito. Alla fine ho optato per una scelta meno compromissoria e mi sono iscritto a Storia dell'Arte. Forse anche perché mia madre aveva fatto la stessa scelta, a suo tempo. Insomma, un grande confusione". Segue l'incontro decisivo, il cardine di una vita. Assiste all'Università alla lezione del più carismatico tra i poeti sloveni contemporanei, Dane Zajc. "E' stata davvero una folgorazione. Le sue parole cadevano fragorose su di me come se fossero state pietre, una dopo l'altra, mentre io me ne restavo lì, ad ascoltarlo parlare. Ne rimasi assolutamente affascinato. Non capivo più niente. E poi venni a conoscenza del fatto che anche il mio compagno di stanza, Brazo Rotar, oggi affermato semiologo, scriveva poesie. Così ho iniziato anch'io. Ho pubblicato su Perspektive. E le recensioni sono state incoraggianti. Il resto è noto". E in effetti la vita di Šalamun da quel momento è stata una lunga serie di incontri fortunati, di epifanie. Tra il '69 e il '70 aderisce assieme al fratello Andraž e a tre altri giovanissimi artisti al gruppo di arte concettuale OHO, molto noto negli ambienti culturali della ex Jugoslavia. Espongono a Zagabria e il catalogo della mostra finisce nelle mani di Kyneston McShine, curatore del MOMA a New York, che lo chiama ad esporre negli States. "Così è iniziata la mia avventura americana. L'anno successivo l'Università dello Iowa mi invitava a tenere un corso di scrittura creativa. Un rapporto che perdura tuttora, grazie anche alla collaborazione con il direttore dell' International Writing Program, il mio amico Christopher Merrill, traduttore in inglese di numerose mie opere. Ne è nato un legame molto forte, che mi rende particolarmente orgoglioso. Prepariamo assieme le lezioni e seguiamo un gruppetto di dieci studenti al massimo, molto motivati ed entusiasti; il programma è esclusivamente la poesia": da Pessoa agli autori americani. Con il compenso che riceve grazie a quell'incarico Šalamun affitta un appartamento a Williamsburg, periferia di Manhattan, divenuto ormai un centro per intellettuali e artisti, dove ogni anno ospita quattro giovani poeti sloveni per tre mesi, intessendo quella fittissima e incredibile rete di interconnessioni che ormai esiste tra l'America e la Slovenia: " Sono legami molto forti ormai, anche grazie all'opera fondamentale di Aleš Debeljak. Aleš è un grande poeta. Mi è bastato leggere quattro suoi versi in un giornalino studentesco, nel 1980. L'ho subito chiamato per dirgli che sarebbe diventato uno dei più grandi autori sloveni. E così è stato ! Anche grazie alla sua passione civile e intellettuale l'America guarda ora alla Slovenia come a un interessante crocevia, un osservatorio privilegiato per comprendere quello che si sta muovendo in Europa, specialmente in Europa Centro-Orientale. Non importa se siamo piccoli. Tanto per gli americani tutto è piccolo, per questo non fanno discriminazioni in base all'estensione del territorio in cui vivi ! Il professor R.Jakson, dell'Università del Tennessee, porta ogni anno quindici suoi studenti in Slovenia per un mese, e l'Università del Vermont gestisce un campus estivo sul lago di Bled !" Gli chiedo cosa c'è di interessante, di nuovo, oggi in Slovenia, a livello culturale. Mi dice di essere appena rientrato da Pola, dove si tiene una straordinaria mostra del libro, organizzata benissimo, con dibattiti, pubbliche letture, presentazione di autori. Magdalena Vodeoppja, la curatrice, si è ispirata a Mantova e alla sua formula innovativa per un festival della letteratura targato futuro. Ma dal momento che è la poesia ad affascinarlo più di ogni altra cosa mi parla rapito degli incontri annuali di Vilenica e di Medana, un villaggio quest'ultimo perduto nel verde delle colline slovene, a pochi passi da Nova Gorica e dal confine italiano. " E' un'esperienza unica, deve proprio andarci. Ogni anno si ritrovano a Medana i migliori poeti under trenta. Si danno convegno in questo borgo da tutto il mondo. Sono tutti veramente giovanissimi e bravissimi. Si dorme nei sacchi a pelo, si ascolta buona musica e ottima poesia. Anche il vino lì è molto buono, sa?! Aleš Šteger, il curatore-ideatore dell'evento, ha solo ventisette anni". E poi c'è il premio Prešeren, che lo stesso Šalamun ha vinto nel 1999. "Sì, ma basta aver compiuto cinquant'anni per ottenerlo!" si schernisce. E i suoi rapporti con l'Italia, oltre all'ascendenza materna ? Mi racconta della sua recentissima visita in Toscana, ospite in casa di Beatrice Monti della Corte, raffinata gallerista d'Arte a Milano negli anni '70 e intima amica di Ungaretti, Montale, Quasimodo. "Una donna carismatica, intelligente, molto conosciuta nel jazz set internazionale, che mette a disposizione la sua ospitalità per artisti, scrittori, poeti e studiosi di botanica. Ho trascorso le mie serate agostane discutendo di tutto con Terry Tempest Williams, l'ecologa - terrorista molto nota per le sue manifestazioni di protesta; c'erano anche una studiosa di archeo botanica specializzata nei giardini del secolo XV e il nuovo astro nascente della letteratura nigeriana, una bomba di vitalità, ormai vera e propria star a Londra. Tutti ospiti di Beatrice...".
Giunti ormai al dolce la discussione scivola su Pasolini e il Friuli, la Trieste di Joyce, le malinconie di Saba. E' curioso di tutto, interessato alle novità, tanto che ormai sembra quasi che sia lui a fare l'intervista a me ! Fuori nevica più intensamente. Con l'aiuto del cognac, che segna il bicchiere della staffa, ho il coraggio di recitargli alcuni versi delle sue poesie. Parlano di angeli e di operai dai passi stanchi, di rugiada e di morti annegati nella Sava, di arcobaleni e di portieri che staccano i biglietti a Ljubljana. Della vita insomma. Una in particolare parla di Tomaž Šalamun, "pietra di confine del mondo, una seccatura". Ma chi è in definitiva Tomaž Šalamun? "Spero di poter dire di essere una brava persona. Amo la vita, il senso del limite, e sono grato per questo grande dono che mi è stato dato. Sono molto debitore anche verso la mia gente. Ho pubblicato trentun libri in lingua slovena. Sono moltissimi per una piccola comunità. I miei compatrioti non hanno mai dimostrato tanta tolleranza verso nessun altro autore. Credo proprio che mi uccideranno, se ne dovessi pubblicare un altro ancora!"
Friday, 14 October 2005
in: www.vulgo.net